Facciamo il salto o non lo facciamo?

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L’attuale recessione ha cause (la pandemia da Covid-19) del tutto diverse dalla grande crisi del 2008 e dalle tensioni del 2012, tuttavia ora come allora l’Italia si trova a gestire uno shock esterno. Nei mesi scorsi, le autorità europee sono intervenute sospendendo le regole ispirate da Germania e Francia (come ad esempio il pareggio di bilancio e il limite del 3% di deficit) e adottando misure di natura straordinaria attraverso la Banca Centrale Europea ma la possibilità di rilanciare l’economia dipenderà dal modello di governance che adotteremo: con l’uscita dalla crisi, dobbiamo ora scegliere tra il ritorno alle politiche economiche precedenti e la possibilità di adottare un nuovo sistema di governo dell’economia europea.

Dopo vent’anni di euro e di regole europee, con una Banca Centrale così configurata, senza unione fiscale e non avendo condiviso un sistema economico (se non parzialmente sul fronte del sistema bancario e, come sempre, sulla base di indicazioni tedesche), possiamo concludere che l’approccio deve essere differente se non vogliamo ripetere gli errori che abbiamo fatto con altre crisi che abbiamo già vissuto: quelle regole europee vanno riprese in mano altrimenti non riusciremo a far ripartire l’economia post pandemia.

Innanzitutto occorre considerare le specificità dei singoli Paesi europei che hanno necessità diverse in relazione al differente sistema industriale, di welfare, fiscale… C’è chi esporta materie prime e chi ha una forte vocazione turistica, chi ha strutturato un sistema previdenziale in cui è il datore di lavoro ad accantonare i contributi presso l’Inps e chi ha un sistema previdenziale privato, chi prevede detrazioni e chi esenzioni: ogni Paese ha elaborato una diversa gestione di ciò che si traduce nel reddito pro capite. Come è possibile vincolare alle regole macro economiche europee Paesi con impostazioni diverse? Così non si spalma in maniera uniforme il sacrificio perché alcuni Stati vengono inevitabilmente più penalizzati di altri e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

È questo il momento di chiedersi se quelle regole, concepite uniformi per l’intera Unione europea, sono utili a un Paese che voglia trovare la sua strada per crescere economicamente sulla base delle sue specificità. E, nel momento in cui ci poniamo la domanda, siamo consapevoli di tornare a una logica nazionale di gestione delle singole autonomie.

C’è però una seconda strada percorribile: quella di concretizzare un’unione vera in cui si sintetizzano il sistema industriale, quello fiscale, il welfare e il sistema bancario in modo da costruire un’Europa con una governance reattiva, in grado di rispondere più velocemente agli shock.

Se si va avanti così, il rischio, nemmeno troppo lontano, è quello della disgregazione dell’Unione europea, incapace di trovare velocemente soluzioni per dare risposte ai propri cittadini. Le elezioni politiche tedesche saranno la prima cartina al tornasole.

PAP20

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