In una società che tende sempre di più a voler demonizzare l’errore, è la scienza a dirci che sbagliare è utile al nostro cervello. A spiegarlo nel dettaglio è Paolo Francesco Fabene, professore ordinario di Anatomia e Istologia presso l’Università degli Studi di Verona, nel suo saggio divulgativo “Il diritto di sbagliare. Prove ed errori nell’apprendimento ai tempi dei social media” (Idelson-Gnocchi edizioni).
Un’idea nata dall’osservazione di due cuccioli di babbuino intenti a giocare come racconta nella prefazione: “Etologicamente, ciò a cui stavo assistendo non era un semplice passatempo, ma la più antica e formativa delle scuole. I due babbuini, in quel momento, stavano studiando e il gioco era il loro paziente insegnante. Quei cuccioli si stavano esercitando in vista dell’età adulta in un ambiente sicuro, garantito dalla presenza, vigile ma non intrusiva, della madre (…). È proprio in questo scenario primordiale che si radica una delle leggi fondamentali dell’apprendimento, descritta per la prima volta dallo psicologo Edward Thorndike: la legge dell’effetto, che si attua attraverso il processo di prove ed errori. Un risultato favorevole di un’azione consolida la connessione neurale, mentre un fallimento significativo trasmette un segnale spiacevole ma essenziale”.
Fabene si rifà agli studi degli psicologi comportamentali Pavlov e Skinner sull’apprendimento attraverso il condizionamento per cercare di spiegare i motivi alla base della moderna tendenza al clic, allo scroll e alla condivisione quasi compulsiva sui social, analizzando il ruolo della dopamina e arrivando alla previsione di Umberto Eco sugli effetti negativi di internet e dei social media, per arrivare ad approfondire la tematica centrale del libro ovvero il rapporto degli adolescenti con i social media e la società della “performance”, in cui viviamo in cui l’apprendimento non è più un percorso protetto, ma una prestazione costante sotto il controllo degli algoritmi, in cui il diritto di sbagliare è minacciato.
Fabene ci consegna un’opera molto interessante per riflettere sull’errore come risorsa imprescindibile e formativa, invitando a un cambiamento di paradigma nella didattica quotidiana, che va sostenuto attraverso pratiche di insegnamento inclusive, riflessive e partecipative, capaci di restituire allo sbaglio la sua dignità biologica, educativa ed umana.
Chiara Sorrentino
























