Dalla corte dei Pio alla Lapponia per un’avventura con i cani da slitta

Chiara Vezzani, 38 anni di Carpi, maestra di scuola d’infanzia e mamma di una bimba di 10 anni, a luglio è partita alla volta della Lapponia per vivere un’esperienza fuori dall’ordinario in un allevamento di cani da slitta: “è un viaggio che ho fatto per me, per superare alcune mie ansie, ma anche come testimonianza per i miei bambini. Tante volte, come adulti, insegniamo loro che bisogna superare le proprie paure, ma non sempre troviamo il coraggio di farlo”.

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La carpigiana Chiara Vezzani, originaria di Fabbrico, classe 1986, di professione maestra in una scuola d’infanzia e mamma di una bambina di dieci anni, lo scorso luglio ha scelto di compiere un viaggio in solitaria all’estremità settentrionale del mondo per allargare i propri orizzonti, mettersi alla prova e superare alcune paure uscendo dalla propria zona di comfort. La meta scelta è stata la Lapponia e, per la precisione, un allevamento di cani da slitta.

Chiara, quando e perché hai deciso di compiere questa esperienza?

“Da qualche anno sentivo l’esigenza di cimentarmi in qualcosa di nuovo e a stretto contatto con la natura, così quando in primavera ho letto che L’Old Pine Husky Lodge, una struttura nella Lapponia finlandese che già conoscevo poiché ero stata in vacanza lì un paio di anni fa, cercava volontari ed aiutanti per il periodo estivo mi sono detta: questa è la mia occasione. A rafforzare la mia idea di partire è stato anche il fatto di volere affrontare alcune mie insicurezze e ansie che ho da sempre (ad esempio il viaggiare da sola e affrontare situazioni del tutto nuove) come opportunità di crescita personale. Inoltre, ho pensato anche a mia figlia e ai miei piccoli alunni e all’esempio che avrei voluto essere per loro: quante volte  insegniamo ai bambini il valore del non arrendersi, di superare le proprie paure, del viaggio come apprendimento attraverso il racconto di storie e la lettura di libri, ma quante volte poi incarniamo davvero questi valori? Voglio trasmettere loro che spesso il più grande limite siamo noi, che la vita va vissuta e respirata e che, per farlo, qualche volta è utile uscire dall’ordinario per stupirci dello straordinario di questo mondo”.

Prima di partire ti sei documentata sulle abitudini dei cani da slitta e in generale sull’ambiente in cui stavi per recarti?

“Mi sono documentata solamente riguardo al clima per poter fare la valigia in modo corretto. Per il resto non solo non mi sono documentata sui cani di cui avrei dovuto occuparmi (in prevalenza Husky, Malamute e Groenlandesi), ma non ho nemmeno mai posseduto un cane! Volevo imparare tutto sul campo  facendo esperienza e attraverso la relazione e guida esperta dei colleghi. Volevo immergermi completamente sbagliando ed imparando senza preconcetti ma tramite il vivere quotidiano: lo stesso approccio che utilizzo a scuola con i miei bimbi”.

Di cosa ti occupavi lì? Come si svolgevano le tue giornate?

“Io e il resto del team di volontari ci occupavamo principalmente della pulizia e cura generale dei cani che erano una cinquantina. Alla mattina ci dedicavamo alla pulizia dei box e dei recinti, delle ciotole dell’acqua e li portavamo a piccoli gruppi nello spazio sgambatoio dedicato perché potessero giocare e correre in libertà.  Al pomeriggio si ripeteva il giro di pulizia e pappa, e poi si spazzolava loro il pelo. Molti erano in piena muta e accumulavano kg di pelo! A luglio ha fatto molto caldo per la zona, anche 27°/28° C, e i cani, che sono abituati a temperature anche di -30°/-40°,  ne hanno risentito quindi non era il caso di procedere con gli allenamenti. Quando la temperatura è più mite di solito si procede ad allenarli tramite kart da slitta su ruote, in previsione della stagione invernale che coincide con l’alta stagione turistica per i Safari Tour su neve. Poi ovviamente coccole a tutte le ore: era terapeutico per noi e piacevole per loro. Sono cani dolcissimi e molto socievoli con l’uomo”.

Qual è stata l’esperienza più bella che hai vissuto?

“Non riesco a pensare a una singola esperienza, tutto il viaggio è stato speciale. Ho apprezzato ogni singola sfida per quanto possa sembrare piccola; come il viaggiare da sola per la prima volta, trovarmi a convivere con sconosciuti, svolgere mansioni mai fatte prima, affrontare il problema della lingua… Ho apprezzato anche l’aver subito un piccolo infortunio poiché mi ha dato l’opportunità di imparare da un mio errore ed analizzare meglio le situazioni in termini di limiti.  È stato bello assaggiare cibi nuovi come la zuppa di orso e la renna. Ho adorato vivere in mezzo al bosco circondata da un verde infinito con il verso delle alci in piena ‘notte’, per quanto la notte là non ci fosse mai, ma solo un tramonto infinito e splendido che conduceva alla più intensa luce del mattino. Ho trovato formativo e liberatorio svolgere tanti lavori manuali e umili all’aria aperta, una vita molto diversa dalla mia. Poi ovviamente ci sono loro, i cani, e la sensazione di affondare le dita nelle loro folte pellicce, la forza con cui ti spingevano saltandoti addosso per poterti dare una leccatina, l’ululato dell’intero branco in mezzo al bosco ed i loro occhi teneri e attenti”.

Cosa di questa esperienza vorresti che rimanesse nella tua vita quotidiana?

“Vorrei mantenere il coraggio di fare esperienze nuove visitando luoghi sempre diversi. Vorrei restare umile come ho imparato lavorando là, ascoltando chi ha più esperienza e sporcandomi le mani nella terra e con gli attrezzi. Ringrazio tanto Simona e Alessandra, rispettivamente la direttrice e la vice responsabile dell’Old Pine Husky Lodge: due donne forti e caparbie che hanno scelto di vivere in una terra dura svolgendo un lavoro gravoso spesso con aiuti discontinui, che mi hanno accolta con calore e dalle quali ho tratto esempio e ispirazione”.

Chiara Sorrentino

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