Emilia-Romagna e fine vita, ora serve una legge

L’Emilia Romagna onde evitare un ginepraio annunciato lo scorso anno ha normato il fine vita in via amministrativa, ovvero attraverso una delibera di Giunta, anziché legislativa. Provvedimento che potrebbe essere eliminato o modificato qualora il governo della regione cambiasse indirizzo ed è proprio a fronte di tale limite che sarebbe necessaria l’introduzione di una legge regionale. La prima regione a farlo è stata la Toscana. La giunta guidata da De Pascale ha intenzione di rimetter mano alla delibera e affrontare la sfida di portare il fine vita al centro del dibattito politico? Al momento, ci dicono dalla Regione, “non abbiamo novità da segnalare”. Scegliere come morire è un diritto, la Toscana fa scuola, prendiamo esempio.

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Il suicidio medicalmente assistito in Emilia-Romagna segue un iter stabilito, definito nei modi e nei tempi: sono al massimo 42 i giorni che possono intercorrere tra la richiesta e l’esecuzione della procedura. La nostra Regione nel febbraio dello scorso anno ha completato il percorso per l’applicazione della sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale, affinché possa essere garantito al malato il diritto di congedarsi dalla vita, nel rispetto della propria volontà.

I criteri indicati dall’Alta Corte per evitare abusi sono tassativi: il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile, da cui derivino sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente ritiene intollerabili, che sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Un dibattito, quello sul fine vita, che malgrado quanto sancito dalla Corte Costituzionale continua a dividere nel nome di una presunta “etica” ed è proprio per questo motivo che la nostra Regione aveva deciso di normare il fine vita in via amministrativa, ovvero attraverso una delibera di Giunta, anziché legislativa, bypassando così la discussione politica.

Il problema è che, nel caso in cui la Giunta cambiasse, la delibera potrebbe essere cancellata o modificata ed è proprio a fronte di tale limite che sarebbe necessaria l’introduzione di una legge regionale.

La prima regione a dotarsene è stata la Toscana: dopo un lungo dibattito infatti, il Consiglio regionale ha approvato, l’11 febbraio, data in cui peraltro ricorre la Giornata mondiale del Malato, la legge di iniziativa popolare promossa dall’Associazione Luca Coscioni, un testo presentato in tutte le Regioni ma, finora, mai giunto all’approvazione. L’obiettivo? Evitare che pazienti in attesa di un responso per mesi, muoiano prima di averlo ottenuto. Una legge di civiltà.

E l’Emilia Romagna cosa intende fare? La Giunta guidata da Michele De Pascale ha intenzione di rimetter mano alla delibera e affrontare la sfida di portare il fine vita al centro del dibattito politico? Al momento, ci dicono dalla Regione, “non abbiamo novità da segnalare”.

Sul tema però, anche in considerazione del provvedimento adottato dalla Toscana, è intervenuto il presidente della Commissione Politiche per la salute e politiche sociali dell’Assemblea legislativa, Gian Carlo Muzzarelli: “sarà cura della commissione  inserire in un prossimo appuntamento un punto all’ordine del giorno per fare un ‘tagliando’ sulle decisioni assunte, il lavoro fatto e quanto rimane ancora da fare per migliorare e assicurare una comunità etica solidale che garantisca la dignità del fine vita. La forza di una comunità è quella di accogliere e accompagnare senza sofferenza. Garantire qualità di vita e il diritto alla scelta del proprio cammino connesso con l’etica, la coscienza e la propria libertà, compreso il diritto alla non sofferenza”.

A fronte di un inaccettabile vuoto legislativo nazionale, le regioni si arrangiano come possono. Le delibere regionali possono essere modificate o annullate al primo cambio di giunta ma scegliendo di approvarne una la squadra capitanata da Stefano Bonaccini lo scorso anno aveva trovato comunque un modo – per quanto non definitivo – per regolamentare il suicidio assistito senza dover passare per il consiglio regionale dove, con tutta probabilità, avrebbe corso il rischio di sbattere contro un muro di gomma. Perchè sul fine vita in questo Paese tutti amano spendere fiumi di parole ma, di fatto, in Italia una legge ancora non c’è. Scegliere come morire è un diritto ma non nel nostro Paese. La Toscana fa scuola, prendiamo esempio.

Jessica Bianchi

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