Violenza di genere e braccialetto elettronico: “un aggeggio nato vecchio, che non tutela le vittime”

Avrebbe dovuto rappresentare il punto di svolta. Una rivoluzione tecnologica in grado di salvaguardare le donne vittime di violenza, tenendo lontani i loro aggressori. Il braccialetto elettronico però, denuncia Roberto Butelli, segretario provinciale generale del Siulp Modena, si sta dimostrando una falsa soluzione, soprattutto dal punto di vista tecnico, con migliaia di falsi allarmi nell’arco di un solo mese.

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Foto generata da AI

Avrebbe dovuto rappresentare il punto di svolta. Una rivoluzione tecnologica in grado di salvaguardare le donne vittime di violenza, tenendo lontani i loro aggressori. Il braccialetto elettronico però, denuncia Roberto Butelli, segretario provinciale generale del Siulp Modena, si sta dimostrando una falsa soluzione, soprattutto dal punto di vista tecnico, con migliaia di falsi allarmi nell’arco di un solo mese.

“Per i circa 40 dispositivi, attivi nella provincia di Modena e sottoposti a monitoraggio dalla Questura di Modena – spiega Butelli – sono oltre 5mila le volte che l’allarme di un braccialetto è scattato nell’arco di un mese, causando numerosi disservizi e mettendo in serio pericolo le persone sotto tutela. Ovviamente, quando scattano non sempre si tratta di un falso allarme, ma la percentuale di quelli falsi pare sia altissima e cioè di quasi il 60%, un dato che per la violenza di genere è indice di grave inefficacia”.

I braccialetti, infatti, prosegue Butelli, “non si usano solo per gli arresti domiciliari ma anche per i divieti di avvicinamento, quindi anche nei casi di stalking, dove il dispositivo risulta essenziale per tutelare la vittima”.

A complicare ulteriormente la situazione è anche la procedura standard, particolarmente laboriosa, da seguire allo scattare dell’allarme: “un così alto numero di falsi allarmi comporta l’impiego continuo di un operatore, soltanto per il controllo del dispositivo, figuriamoci per l’esecuzione dell’intero iter e per l’intervento in sé, necessario a impedire l’ennesima vittima. Ciò significa sottrarre personale da altri compiti, peculiari della sala operativa, come la linea di emergenza 112, i teleallarmi, le comunicazioni radio con le pattuglie, la visione e/o l’utilizzo di telecamere solo per citarne alcuni”, sottolinea il segretario provinciale del Siulp di Modena.

Le conseguenze sono facilmente intuibili: minore sicurezza per il cittadino, il quale si vede dilatare i tempi di risposta del 112, oppure di intervento di una pattuglia per una qualsiasi richiesta o per teleallarme. In secondo luogo, un carico di lavoro e di responsabilità molto più elevato per gli agenti che devono confrontarsi con le inefficienze del braccialetto e i relativi rischi connessi.

Insomma, conclude Butelli, che anela a misure restrittive più dure, “un aggeggio nato vecchio, che non tutela adeguatamente le vittime, non restringe a sufficienza la libertà di chi delinque e subissa di incombenze burocratiche le Forze dell’Ordine”.

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