Il paesaggio agricolo carpigiano sarà interessato da forti cambiamenti. Al posto di grano, mais e foraggio infatti a svettare saranno file e file di pannelli fotovoltaici. Il profilo delle nostre campagne muterà e gli enti locali hanno a disposizione ben pochi strumenti per invertire la rotta. L’impianto che sorgerà su 40mila metri quadri in via Marchiona, e che aveva fatto storcere il naso a molti, è solo un antipasto di ciò che ci aspetta. Tra Fossoli e Novi di Modena, infatti, affacciati sulla Romana Nord, si rincorreranno impianti agrivoltaici (sistemi che sulla carta prevedono l’integrazione fra la produzione di energia tramite pannelli fotovoltaici e la produzione agricola o l’allevamento zootecnico) per una superficie occupata complessiva di circa 300 ettari. Oltre 3 milioni di metri quadrati equamente distribuiti tra il Comune di Carpi e quello di Novi di Modena. Gli investitori sono grandi gruppi industriali: Iren, Sonnedix Leonardo, Namias, Energy Acquarius… Per accelerare la transizione energetica e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima e il Piano REPowerEU, prevedono l’istallazione di 85 GW di nuova capacità rinnovabile entro il 2030 in Italia, con un’occupazione potenziale del suolo pari a circa lo 0,3% dell’intero territorio nazionale. Il PNRR ha stanziato oltre 1 miliardo di euro per l’agrivoltaico in Italia e, con l’approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del decreto per la promozione dell’installazione di tale tipologia di sistemi, si dischiudono scenari del tutto nuovi per il nostro Paese. “Favorire la transazione energetica – spiega il sindaco di Carpi, Riccardo Righi – è un obiettivo prioritario, ma il problema nasce dal fatto che l’impianto normativo che si è stratificato negli ultimi tre anni, non offre agli enti locali, da Nord a Sud, strumenti sufficienti per governare la situazione. Le autorizzazioni di questi interventi, resi dalla legge di interesse nazionale, quindi indifferibili e urgenti, infatti, pur riguardando i singoli territori, saranno guidate principalmente da procedure sovracomunali (ministeriali o regionali) riducendo di fatto enormemente il margine d’azione dei comuni. Non vi sono strumenti o vincoli paesaggistici, salvo casi specifici di tutela assoluta, che rendano impossibile la realizzazione di questi impianti. I campi agrivoltaici, infatti, sono ammessi senza alcuna limitazione dimensionale in aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale. Nel resto del territorio agricolo è comunque possibile la loro installazione, seppur con alcune limitazioni di estensione imposte dalla Regione Emilia Romagna. L’impianto previsto in via Marchiona sarà vicino alla zona artigianale di via Lama mentre quelli a Nord di Fossoli sfruttano il buffer afferente agli stabilimenti di trattamento rifiuti presenti nella zona. Lo ribadisco, è giusto affrontare il tema della transizione energetica, a imporcelo è il cambiamento climatico e la necessità di ridurre la dipendenza energetica, ma è altrettanto evidente che un impianto di legge di questo tipo mette i comuni in seria difficoltà. Come si può prescindere dall’impatto paesaggistico di tali interventi? Prima di intaccare le superfici agricole – conclude Righi – sarebbe stato più saggio valutare altre soluzioni, come le coperture dei capannoni, i grandi parcheggi, le fasce autostradali… operazioni più complesse e onerose, ma la via più facile non è sempre la soluzione migliore. Ricoprire le campagne di fotovoltaico non è la strada giusta”.
L’agricoltura è sempre meno redditizia e tanti contadini preferiscono affittare o vendere i loro terreni a grandi aziende o fondi affinché possano sfruttare il “business” del momento. Comprensibile, ma a che prezzo!
Jessica Bianchi