No all’allevamento intensivo di tacchini: “vogliamo risposte”

In considerazione delle criticità, come si pensa di monitorare la zona? Chi farà i controlli? Perché nessuno si è posto questi dubbi? “Speriamo con tutto il cuore di esserci sbagliati altrimenti questa operazione ci costerà saccheggio di acqua, inquinamento e polveri, perdita di valore dei terreni intorno”.

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Si aspettano risposte chiare istituzionali i cittadini di Fabbrico preoccupati per il nuovo allevamento intensivo di tacchini nelle campagne tra Fabbrico, la zona industriale Ranaro e Rolo e finora non c’è chi abbia chiarito i tanti dubbi emersi dopo aver studiato le carte e consultato gli esperti.

Il progetto di riconversione, presentato nell’agosto scorso, prevede che sia demolita la vecchia azienda agricola esistente e in disuso da anni in via Bonifica 7, dove saranno costruiti tre capannoni su una superficie di 8mila metri quadrati. Con una delibera della Giunta di Fabbrico è stato approvato il progetto nel mese di ottobre ma si sarebbe dovuta coinvolgere la cittadinanza dando informazioni chiare prima dell’approvazione e non a giochi fatti, perché questa decisione impatta sul futuro del territorio e “non siamo sudditi” spiega a nome di tutti i cittadini del gruppo Paolo Ascari di Fabbrico.

“Nei tre capannoni che distano 2 chilometri e mezzo dal centro di Fabbrico, 1 chilometro e settecento metri dalle prime case di Rolo e solamente 1200 metri dalla zona Ranaro saranno allevati 80.000 mila tacchini all’anno con un impatto per l’incremento degli odori, degli scarichi, dei rifiuti, del rumore, dei prelievi idrici. Aver individuato il numero massimo di capi allevabili pari a 39.900 capi/ciclo ha consentito all’azienda di rimanere sotto la soglia che obbliga alla procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di competenza ministeriale o regionale con l’inserimento di considerazioni ambientali nei processi decisori pubblici in applicazione del principio di prevenzione.

Servirà quindi l’ AUA, Autorizzazione Unica Ambientale, ancora in fase di approvazione da ARPA, e senza alcuna eccezione proveniente dal Comune. Con il risultato che si solleva l’azienda da eventuali problemi, senza eliminare i rischi per il territorio e per la popolazione. Quel numero di 39.900 tacchini potrebbe essere stato utilizzato per aggirare le norme AIA?

L’elenco delle criticità parte dalle emissioni degli allevamenti intensivi che contribuiscono all’aumento di polveri sottili. “I 48 ventilatori di estrazione caricheranno l’aria circostante di polveri e molecole organiche derivanti dall’essicazione delle deiezioni e dalla traspirazione degli animali. Senza che ci sia un filtro o che sia previsto il controllo puntuale di queste emissioni che si disperderanno andandosi a depositare sulla terra e sulle coltivazioni col rischio di compromettere le falde acquifere. La pollina contiene altissimi livelli di azoto, fosfato, antibiotici e metalli”.

Nella zona ci sarà un aumento del traffico per le operazioni di carico e scarico dei tacchini, un aumento dell’inquinamento acustico, un ingente prelievo d’acqua che “in base ai calcoli si aggira intorno ai 15 milioni di litri d’acqua all’anno, quando per bere i cittadini di Fabbrico ne consumano attualmente 5 milioni circa”.

In considerazione delle criticità, come si pensa di monitorare la zona? Chi farà i controlli? Perché nessuno si è posto questi dubbi? Perché non è stato coinvolto il Consiglio comunale garantendo la massima trasparenza delle scelte e dell’operato dell’Amministrazione? Sulla base di un’attenta analisi costi/benefici cosa ci guadagna la cittadinanza? “Speriamo con tutto il cuore di esserci sbagliati altrimenti questa operazione ci costerà saccheggio di acqua, inquinamento e polveri, perdita di valore dei terreni intorno”.

Sara Gelli