Sono storie piccole. Quotidiane. Di ordinaria “normalità” quelle a cui dà vita la scrittrice carpigiana Licia Brancolini nel suo Storie di un altro giorno (Maglio editore). Racconti in cui ciascuno può ritrovare se stesso in un gioco di specchi capace di far riemergere vissuti, dolori rimossi e amori mai dimenticati. Storie in cui è impossibile non sentir riecheggiare la voce di un ricordo privato, di un’emozione. Licia Brancolini racconta la vita di uomini e donne non illustri. Insomma le nostre. E lo fa attraverso un linguaggio semplice, immediato. Potente, poiché capace di tratteggiare i luoghi, quelli fisici così come quelli dell’anima. Un libro fatto di chiaroscuri, come lo è ogni vita, in cui immergersi e ritrovare peraltro anche angoli e città a noi vicini, Carpi compresa, e cari all’autrice. Tra queste pagine vi sono incontri fortuiti che possono cambiare il proprio destino, se solo si re-impara a guardare, a “riscoprire la vera bellezza” e ad accettare la paura del cambiamento.
E poi c’è lei, la morte, e le sue tante forme, con cui fare i conti. Col suo carico di vuoti. Di Solitudini. Assenze che possono essere in qualche modo colmate se solo si trova il coraggio di non ripiegarsi su se stessi e aprirsi al nuovo. Morte che viene declinata in molti modi ma sempre con estrema delicatezza: dalla perdita di un genitore a quella improvvisa di un’amica ritrovata dopo tanto tempo e troppo presto perduta nuovamente, da quella di una giovane vita strappata ai suoi cari da un pirata della strada a quella di un bambino mai nato – seppur per scelta della madre – il cui ricordo è talmente vibrante da farsi carne e sangue nel bellissimo racconto La scelta di Giovanna.
Particolarmente evocativo La donna del fiume, dove ad albergare sono rimpianto, malinconia e una natura matrigna. Sullo sfondo il Grande Fiume, “quel bastardo” dalla doppia natura, capace di “cantare la sua canzone romantica alla luna ma anche portatore di sciagure”. Era colpa del Po infatti se “lei se n’era andata… perché il fiume era infido e colpiva a tradimento, come un terremoto”. Struggente e drammatico allo stesso tempo il ritratto di Rosina, la donna del fiume appunto, vedova a cui “piaceva far l’amore”. E di sesso si parla anche ne Lo strappo del cuore, ma qui, non vi è spazio per la dolcezza della scoperta. Non c’è piacere, solo furia, violenza… vergogna e una giovane donna, Sara, che, travolta dall’angoscia di veder ricadere su di lei la colpa, sceglie la strada del silenzio.
Ma ne le Storie di un altro giorno, Licia Brancolini racconta anche i tragici giorni dell’alluvione in Romagna, le ore spese dai volontari a spalare fango, a commuoversi davanti a intere vite spazzate via dalla furia dell’acqua.
E tra matrimoni riparatori, ritratti parigini galeotti, vacanze “bambine” a Gabicce Mare dove tutto diventava lucente e possibile, Licia rievoca anche il Covid. Quando le nostre vite sono state travolte da un “nemico subdolo”. Rinchiuse. Isolate. E nel frattempo la natura rifioriva, si riprendeva il suo spazio. Che quel virus sia stato “un ultimatum prima della catastrofe?”.
Dopo il romanzo Celate verità, Licia ci fa dono di una vibrante raccolta di racconti. Un libro da leggere con calma, storia dopo storia, lasciando che il fluire delle parole scorra. Con lentezza. Perché ogni buona storia ha bisogno di tempo per essere raccontata.
Jessica Bianchi