Dal Carcere Sant’Anna di Modena usciranno presto tortellini e altri tipi di pasta fresca fatta a mano. Saranno i detenuti a produrli utilizzando materie prime locali, a cominciare dalle verdure coltivate nell’orto del carcere. Il progetto è della Cooperativa sociale Eortè di Limidi di Soliera e si avvale della supervisione dello chef Rino Duca dell’Osteria Il grano di pepe di Ravarino, che coordinerà la formazione dei detenuti e la produzione. La convenzione tra Eortè e la casa circondariale S. Anna è stata firmata ieri, 21 febbraio, dal presidente della cooperativa Federico Tusberti e dal direttore dell’istituto Orazio Sorrentini. Il progetto, che ha il patrocinio del Comune di Modena, è co-finanziato dall’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, Bper e Fondazione Cattolica Assicurazioni.
“Gli obiettivi di questa iniziativa sono molteplici. Il primo – spiega la direttrice di Eortè, Valentina Pepe – è quello di offrire ai detenuti un’opportunità di crescita personale e riabilitazione attraverso il lavoro. La legge sul lavoro in carcere è del 1975, eppure attualmente al S. Anna lavora solo il 20% dei detenuti e l’80% di essi lavora alle dipendenze del carcere (ovvero dello Stato). Il secondo obiettivo è costruire un collegamento tra il carcere e il territorio. Il terzo è far nascere un ramo d’impresa che crei il marchio Sant’Anna – artigiani della pasta e sia capace di andare sul mercato, partendo dalla provincia di Modena. I nostri clienti saranno i piccoli e medi ristoranti, mense e tavole calde, gastronomie e macellerie, gruppi di acquisto solidale e associazioni. Il laboratorio dovrà essere economicamente autonomo entro il 2025 e, nel tempo, assumere altri detenuti. I tortellini e gli altri tipi di pasta fresca del S. Anna saranno di qualità, perché fatti a mano con materie prime selezionate e a km zero, virtuosi dal punto di vista sociale e rispettosi della tradizione gastronomica emiliana”.
I detenuti selezionati per lavorare nel laboratorio gastronomico, che all’inizio saranno tre, verranno formati e impareranno così un mestiere in vista della fine pena. Tutte le statistiche sulla popolazione carceraria confermano il crollo della delinquenza e recidiva tra i carcerati che hanno la possibilità di lavorare, sia dentro che fuori dal carcere. In più, Eortè è convinta del beneficio che la formazione può portare all’interno di ambienti marginali, trasformando i tempi morti della detenzione in competenza lavorativa, crescita personale e autostima spendibili anche all’interno di un luogo complesso come il carcere. Il lavoro è uno strumento fondamentale per assolvere la funzione rieducativa della pena prevista dall’art. 27 della Costituzione. “I detenuti che lavoreranno nel laboratorio gastronomico non peseranno più sulle casse dello Stato. Una quota del loro stipendio, infatti, sarà trattenuta dall’amministrazione penitenziaria – aggiunge Pepe – per rimborsare le spese sostenute per mantenerli in carcere. Insomma, crediamo che il nostro progetto possa giovare all’economia carceraria e creare percorsi virtuosi con benefici non solo per i detenuti, ma per l’intera società”, conclude la direttrice della cooperativa sociale Eortè.