Minaccia aziende e stati e provoca danni, a livello mondiale, per 6 trilioni di dollari secondo l’ultimo rapporto Clust. Stiamo parlando di quella che gli esperti definiscono cyber guerra. L’Italia è il paese più colpito: lo scorso anno gli attacchi hacker nel nostro Paese sono aumentati del 40%, arrivando a 8 al giorno. Nel modenese, l’ultimo in ordine di tempo e certamente il più noto, è stato quello ai danni di Azienda Usl, Azienda ospedaliero – universitaria e Ospedale di Sassuolo.
“L’Italia – spiega Michele Colajanni, professore di Ingegneria Informatica a Unimore, al microfono di Chiara Tassi – è un Paese costituito perlopiù da piccole e medie imprese e, notoriamente, le realtà più piccole hanno maggiori difficoltà a difendersi da questa tipologia di attacchi. Da un lato vi è una scarsa consapevolezza circa l’importanza di investire in termini di sicurezza informatica e dall’altro si continuano ad esaltare le potenzialità del digitale senza pensare alle vulnerabilità che questo comporta”.
Gli attacchi sono ormai “la normalità. Sono talmente frequenti – prosegue il professor Colajanni – da non fare più nemmeno notizia, a meno che non siano i colossi o le pubbliche amministrazioni ad essere colpiti, ma non è bello svegliarsi alle 5 di mattina con tutta l’azienda bloccata a causa di un virus”.
Agli hacker interessa una cosa sola, “il denaro. Spesso, quando a essere attaccate sono le pubbliche amministrazioni che faticano a pagare i riscatti richiesti, i criminali rendono pubblici dati sensibili. La frequenza con cui si moltiplicano tali episodi criminosi è davvero preoccupante”.
Ma l’Intelligenza Artificiale può essere utile per arginare questa tipologia di reato?
“In realtà sono quelli che attaccano che hanno più vantaggi usando tali strumenti, impiegati già, ad esempio, per individuare eventuali vulnerabilità a tappeto. Certo – conclude il professor Colajanni – l’AI grazie alla sua capacità di analizzare una grande quantità di dati è fondamentale per rilevare il prima possibile se vi sia un attacco in corso. D’altro canto si registrano anche tanti falsi allarmi, versante su cui la ricerca dovrà lavorare ulteriormente”.