Lucia, insieme ai fratelli Luca e Paolo, si prende cura da anni dell’azienda agricola di famiglia. Tra la cura della stalla e quella dei campi a foraggio, il lavoro è duro ma, spiega Lucia, “lo facciamo con amore e dedizione perchè abbiamo a cuore il benessere delle nostre vacche”. Sono circa 150 i capi allevati dai fratelli Cavazzuti, il cui latte è la componente fondamentale di uno dei prodotti più amati e preziosi del Made in Italy, il Parmigiano Reggiano. Soci del Caseificio San Giorgio di Carpi, i tre fratelli, come numerosi altri allevatori, devono però fare i conti con criticità che stanno rischiando di mettere in ginocchio il loro settore, così come quello dell’agricoltura. Il problema maggiore è la determinazione del prezzo pagato ai produttori: “il prezzo – spiega l’allevatrice 37enne Lucia Cavazzuti nonché presidente della sezione Lattiero-casearia di Confagricoltura Modena – lo stabilisce chi compra e inoltre il latte prodotto oggi viene pagato fino a due anni dopo. Prima, infatti, occorre attendere la marchiatura del Parmigiano Reggiano: solo dopo 13 mesi di stagionatura, durante la battitura delle forme, si è in grado di stabilire se il formaggio è di prima o di seconda scelta”.
Nel 2023 il prezzo all’ingrosso del formaggio è calato, mentre i costi di produzione continuano a salire. “Noi produciamo circa 10mila quintali all’anno di latte – prosegue Lucia – e vendiamo molto al dettaglio ma i caseifici che si rivolgono al mercato dell’ingrosso sono in enorme difficoltà”. Il settore è schiacciato da “una burocrazia che non ci dà tregua. Abbiamo sempre a che fare con carte e controlli. Persino per espiantare un vigneto non più remunerativo devi chiedere il permesso: non sei libero di disporre di un tuo terreno, devi dichiarare quale coltura sei intenzionato a mettervi”. Alle stringenti normative si aggiungono poi i costi dei mangimi del bestiame: “la dieta delle nostre bovine è rigidamente stabilita dal disciplinare del Parmigiano reggiano. I nostri capi oltre al foraggio vengono nutriti anche con dei mangimi: un piatto unico bilanciato e deciso da un alimentarista. Dopo il conflitto tra Russia e Ucraina i prezzi del mais sono letteralmente schizzati alle stelle e ora, pur scesi, sono ancora lontani dai prezzi pre guerra”.
Nel Paese si stanno moltiplicando le proteste di agricoltori e allevatori contro la Pac, la politica agricola comune dell’Unione Europea e, sottolinea Lucia Cavazzuti, “l’Europa ci deve permettere di lavorare ed essere competitivi sul mercato. Le regole non le può fare chi non conosce la materia, animalisti compresi. Dobbiamo restate uniti e combattivi, le barricate dei trattori, i forconi… non sono sufficienti; le associazioni di categoria così come le sigle sindacali devono poter entrare nelle stanze dei bottoni ed essere coese per portare a casa l’obiettivo”. La reintroduzione dell’Irpef per i terreni agricoli, il rischio dell’eliminazione degli sgravi fiscali sul carburante per i mezzi agricoli… “di questo passo – prosegue Lucia Cavazzuti – non saremo più in grado di coprire i costi di produzione”. E il rischio, sempre più concreto, è quello di veder saltare numerose imprese agricole. “Io e i miei fratelli – conclude Lucia – abbiamo fatto sforzi e sacrifici per automatizzare la stalla, per aumentare il benessere degli animali… le nostre bovine sono una priorità per noi. Ma in queste condizioni fare degli investimenti, mantenendo il bilancio in equilibrio, diventa difficile. Così non si può andare avanti”.
Jessica Bianchi