Insieme ai fratelli Giuseppe, Benito, Franco e alle sorelle, Umberto era il cuore della parte operativa delle Edizioni Panini, attività legata alle figurine e a innumerevoli successi nel mondo editoriale e dello sport. L’imprenditore e creatore di sogni se n’è andato il 29 novembre di 10 anni fa e oggi l’autore e regista Francesco Gallo gli dedica lo spettacolo Up, il meccanico dei sogni: qui, attraverso la vita di Umberto si tenta di ripercorrere la storia del nostro Paese, segnata dalla guerra e dall’emigrazione prima, dalla ricostruzione e dal boom economico dopo. Il celo, celo manca diventa nella narrazione di questa vicenda esemplare un modo per fare i conti con quello che abbiamo e quello che, invece, ormai sembra essere perduto irrimediabilmente. Lo spettacolo viene proposto gratuitamente dall’associazione Menodiunterzo venerdì 1° dicembre, alle ore 21, presso la Chiesa di San Carlo, e in replica sabato mattina per gli studenti del Liceo artistico Venturi, istituto frequentato anche dallo studente Umberto Panini.
La drammaturgia, oltre a essere un omaggio alla città della Ghirlandina e a Giovanna Malagoli, dipendente Panini e testimone della storia, offre l’opportunità di attraversare buona parte della storia del Novecento. Si va dal 1937 all’allunaggio, 20 luglio 1969, quando l’astronauta statunitense Neil Armstrong appoggiò lo stivale del piede sinistro sulla polvere della Luna.
L’Italia generosa e coraggiosa della seconda metà del Novecento era un Paese che non aveva paura di sognare. Un popolo ricco di grandi figure, e anche di magnifiche figurine. Attraverso piccoli rettangoli di carta, la famiglia Panini contribuì a diffondere l’ottimismo nel Paese del Boom. Quattro fratelli e quattro sorelle, nati in povertà, seppero immaginare il futuro, partendo da una piccola edicola. E dalle loro intuizioni, passando da buste di semplici francobolli alle bustine di calciatori e non solo, è nato un mito globale.
“Ogni cosa che ha pensato, inventato e costruito nostro padre – sottolineano i figli di Umberto – l’ha fatta perché voleva vederla funzionare per gli altri. La scuola della miseria, della strada, della famiglia sono state decisive per avere la consapevolezza di accettare, sfidare e di aggiustare tutto. Anzi forse è giusto dire risolvere con soluzioni da fabbro di campagna e cioè con una semplice smartleda. Ci ha insegnato che non ci sono problemi da risolvere ma attrezzi da usare. E quando i problemi finiscono, bisogna trovarne altri con cui mettersi in gioco ancora una volta. L’importante è non fermarsi mai, ma dire sempre andàm! Nella sua vita ha fatto di tutto, ha aggiustato di tutto e siamo sicuri che sarebbe stato in grado di aggiustare anche i sogni di tutti perché lui alla fine era… un meccanico dei sogni”.
Questo viaggio partito da Modena e arrivato in Sud America è ritornato qua grazie a una lettera con poche figurine e una semplice frase: “torna, l’America è qua”.