Centro storico, contro degrado e schiamazzi più controlli e una stretta sugli orari

Se non si può dare un giro di vite alla proliferazione dei minimarket, dove vengono vendute anche bevande alcoliche e davanti ai quali, in più occasioni, si sono creati disordini, allora si rafforzino i controlli e si limitino ulteriormente gli orari di somministrazione. Al contempo l’Amministrazione potrebbe favorire l’apertura di nuove attività tramite lo stanziamento di contributi: risorse mirate esclusivamente a determinate tipologie merceologiche. Perché poi non procedere per step successivi, ragionando sulle singole vie? E se nemmeno questa strada è percorribile perché non creare proprio lì delle manifestazioni periodiche? Appuntamenti fissi con mercatini delle pulci di qualità ad esempio. Occasioni insomma per richiamare a Carpi nuovi target di pubblico e in luoghi insoliti. Passare da un approccio reattivo a uno proattivo potrebbe innescare un bel cambiamento.

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Sono già numerosi i minimarket, perlopiù gestiti da stranieri, che hanno aperto in centro storico e non solo. Esercizi “di vicinato del settore alimentare e misto”, questo il nome tecnico, dove vengono vendute anche bevande alcoliche e davanti ai quali, in più occasioni, si sono creati disordini di ordine pubblico a causa di capannelli di persone ubriache e moleste. Situazioni che esasperano da tempo coloro che risiedono nelle vicinanze di tali esercizi e che chiedono a più riprese un giro di vite su tali aperture e maggiori controlli. 

Il tema è di quelli che scottano poiché tali punti vendita rientrano tra quelli di alimentari e pertanto, spiegano dall’amministrazione, “limitarne le aperture significherebbe porre un veto per tutti a prescindere dalla nazionalità”. Durante l’emergenza Covid il Comune di Carpi aveva previsto contributi a fondo perduto per chi avesse voluto aprire nuove attività in centro, specificando che sarebbero rimasti esclusi, tra gli altri, anche “minimarket e commercio e somministrazione alimenti e bevande con distributori automatici funzionanti 24 ore e call center”. Altre limitazioni riguardavano poi eventuali aperture di “pubblici esercizi o attività artigianali enogastronomiche in Piazza Garibaldi, considerata la già importante presenza di attività similari site in detta sede”.

Passata l’emergenza però in Piazzetta – e vie limitrofe – salotto della movida carpigiana, le aperture continuano. Tra queste, un’insegna annuncia che, in via Aldrovandi, sta per decollare un altro drinkshop and beverage. 

Limitare la proliferazione di questa tipologia di esercizi è molto complesso poiché, una eventuale ordinanza in tal senso, come sancito dal Diritto amministrativo dovrebbe avere un carattere “contingibile e urgente” e pertanto essere emanata in casi eccezionali di particolare gravità, come accadde, ad esempio, durante la pandemia. I comuni hanno davvero le mani legate? Non vi sono altri strumenti da adottare per intervenire? Come si può rafforzare la prevenzione sul territorio, per evitare che il consumo di alcol nei pressi degli esercizi di vicinato, dove è possibile rifornirsi con facilità e a prezzi decisamente contenuti, possa dar luogo ad assembramenti, schiamazzi e criticità? 

Il Regolamento urbano di Polizia Locale delle Terre d’Argine vieta, dalle ore 22.00 alle 6.00 del giorno successivo, “al fine di garantire la sicurezza dell’abitato, l’incolumità pubblica e l’igiene del suolo nelle ore notturne”, la vendita “per asporto di alimenti e bevande poste in contenitori di vetro da parte dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande”. Perché allora non limitare ulteriormente tale orario, introducendo il divieto a partire dalle 21? 

E, ancora, il regolamento vieta dalle ore 20.00 alle ore 06.00 del giorno successivo, il consumo di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione, “a esclusione di quello effettuato presso i plateatici degli esercizi pubblici negli orari di svolgimento dell’attività”, nei parchi e in tutto il centro storico. 

I controlli nei minimarket sono puntuali e raramente vi vengono rilevate gravi irregolarità non è dunque sulla loro legittimità che si vuole insistere bensì sull’eventuale mancato rispetto delle regole da parte dei frequentatori abituali. Il centro storico di Carpi è in forte sofferenza e sono numerose le serrande che nel corso degli anni si sono abbassate per non rialzarsi più. Vi sono intere vie pressoché desertificate, angoli bui in cui il degrado sta avanzando e la percezione di sicurezza si è notevolmente abbassata. I controlli da parte delle Forze dell’ordine sono necessari ma non sufficienti: l’Amministrazione può e deve agire per farlo rifiorire. Ben vengano i corsi riqualificati – vedi alla voce Corso Roma, malgrado i ritardi accumulati dall’impresa – e le iniziative, ma occorre favorire l’apertura di nuove attività tramite lo stanziamento di contributi: risorse mirate esclusivamente a determinate tipologie merceologiche. Perché poi non procedere per step successivi, ragionando sulle singole vie? E allora perché non partire dalle figlie di un dio minore, ovvero via Nova, via Rovighi, via Berengario, la via della Catena… assi centralissimi e dalle enormi potenzialità, oggi scarsamente attrattivi. E se nemmeno questa strada è percorribile perché non creare proprio lì delle manifestazioni periodiche? Appuntamenti fissi con mercatini delle pulci di qualità ad esempio. Occasioni insomma per richiamare a Carpi nuovi target di pubblico e in luoghi insoliti. 

Se non si può dare un giro di vite a certi negozi, allora favoriamo l’apertura di altri. Passare da un approccio reattivo a uno proattivo potrebbe innescare un bel cambiamento, pur consci della crisi del commercio al dettaglio e del minore potere d’acquisto delle famiglie. Non si può condannare il centro al buio e al degrado. Bar, ristoranti e pubblici esercizi fanno la loro parte per tenere accese le luci ma se non è l’intero sistema ad adattarsi al cambiamento, la prognosi diventa infausta. 

Jessica Bianchi