A Carpi si impennano i reati commessi da minori

“La criminalità minorile a Carpi - spiega l’avvocato del Foro di Modena Federica Turci, abilitata alla difesa dei minorenni nell'ambito del Procedimento Penale - si è accentuata in modo preoccupante. Ricordo che solamente dieci anni fa in studio seguivamo qualche caso all'anno, ma dal 2018 ad oggi abbiamo assistito a una vera e propria impennata. Reati che si consumano in modo trasversale: a delinquere sono sia ragazzi appartenenti a famiglie a basso reddito o in condizioni di emarginazione sociale, che di buona famiglia. Rispetto al passato, forse, sono diminuite risse e danneggiamenti mentre furti, rapine, lesioni, spaccio di droga, bullismo e reati informatici sono sempre più frequenti”. Il pacchetto di misure contro la criminalità giovanile, ribattezzato Decreto Caivano, non è sufficiente ad arginare il fenomeno “se non si rafforzano organici e strutture”.

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2016
l'avvocato Federica Turci

Il pacchetto di misure contro la criminalità giovanile, ribattezzato Decreto Caivano e introdotto dal Governo Meloni, prevede un generale inasprimento delle pene per i minori che delinquono. Tra i punti chiave: daspo urbano, carcere preventivo, sanzioni ai genitori, avviso orale e cellulare vietato.

Ma tale provvedimento sarà davvero in grado di arginare il fenomeno? Quali sono, aldilà delle buone intenzioni, le difficoltà applicative? E come una realtà piccola come quella carpigiana, per anni isola felice, sta facendo i conti con il fenomeno della delinquenza minorile? Ne abbiamo parlato insieme all’avvocato del Foro di Modena Federica Turci, abilitata alla difesa dei minorenni nell’ambito del Procedimento Penale.

Avvocato, crede che provvedimenti di questo tipo siano in grado di portare frutti concreti dal punto di vista dell’efficacia giudiziaria o siamo di fronte al classico esempio di bulimia normativa all’italiana? 

“Ritengo che le modifiche previste dal Decreto legge siano importanti e che, in astratto, potrebbero essere utili per contrastare il disagio giovanile ma per arginare un fenomeno in continua crescita tutto ciò non basta. E’ sul contesto che occorre metter mano, ripensando l’intero sistema, in caso contrario sarebbe come costruire una casa priva di fondamenta. Dubito che le misure introdotte dal Decreto Caivano possano essere la risposta alla povertà educativa che ci circonda. Sono necessarie certo, ma non sufficienti”.

Quali sono le difficoltà applicative del decreto? Penso ad esempio alla generalizzata mancanza di istituti penali minorili, alla carenza di personale, al sovraffollamento delle carceri…

“La mancanza di strutture a ogni livello, da quelle comunali a quelle statali, rappresenta il vero nervo scoperto. Più volte, confrontandomi con il responsabile dei Servizi Sociali del Tribunale per i Minorenni di Bologna, mi sono sentita dire che tanti comuni, pur avendo un’Area minori specifica, non hanno personale a sufficienza e talvolta dovutamente formato per confrontarsi col fenomeno della devianza e della criminalità minorile. E’ un gatto che si morde la coda. Per ottenere dei risultati significativi occorrerebbe partire dalla fonte e non mi riferisco solo alle istituzioni bensì alle famiglie. Troppo spesso assisto minori i cui genitori, anziché comprendere la gravità delle azioni dei figli, tendono a giustificarli e ad assecondarli, sminuendo quanto commesso e al contempo l’importanza del procedimento penale.  Se il reato si consuma a scuola, ad esempio, cosa fa l’istituzione scolastica? Magari sospende il minore in attesa che decolli il procedimento penale ma i tempi della giustizia sono talmente lunghi che il giovane non subisce alcuna conseguenza in tempi stretti e questo è estremamente pericoloso. L’applicazione delle misure cautelari da parte del Giudice avviene tempestivamente solo per alcuni tipi di reati (i più gravi) mentre per le condotte, sì penalmente perseguibili ma di minore gravità, il procedimento penale decolla solo dopo molto tempo e nel frattempo il minore si convince di aver commesso soltanto una bravata e questo può indurlo a reiterare il reato dal momento che percepisce che nulla gli sta succedendo. Ad esempio mi è successo di assistere minori che hanno commesso anche fatti rilevanti, come aggredire a più riprese compagni di scuola  i cui procedimenti penali sono stati iscritti negli anni 2017/2018  i quali  si trovano tutt’ora ancora in fase di indagini preliminari presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di  Bologna. Il carico di lavoro in capo ai magistrati di indubbio valore in forza all’ufficio è talmente ingente da ingenerare a volte inevitabili ritardi, e questi ritardi contribuiscono a incrementare il senso di impunità in chi deve affrontare un processo penale minorile”.

Inasprite una serie di misure: abbassata da 9 a 6 anni la soglia della pena per l’applicazione della custodia cautelare, mentre i 18enni che stanno già scontando una pena in un istituto minorile potranno essere trasferiti in carcere qualora compromettano l’ordine della struttura. Intravede nel Decreto uno scopo rieducativo o il rischio è quello di incancrenire ulteriormente comportamenti devianti?

“Il fine del processo minorile è rieducativo e ritengo che tali misure siano state studiate per rafforzare tale sua caratterizzazione. I magistrati chiamati a giudicare sono dotati di una sensibilità completamente differente rispetto a quelli che operano nell’ambito del Tribunale Ordinario (degli adulti). Gli attori coinvolti nel procedimento sono anche altri, come i genitori e i Servizi Sociali che hanno il compito di seguire il minore e la famiglia attraverso tutto il procedimento relazionando in merito. Non è raro però che le relazioni periodiche che questi ultimi devono stilare non arrivino in tempo per le udienze fissate comportando inevitabili rinvii. Si dovrebbe pensare a implementare una struttura capace di sostenere l’organico di Tribunale e Procura utile e necessaria a supportare il lavoro dei magistrati. Il primo passo potrebbe essere, a mio modesto avviso,  rafforzare gli organici e aumentare le strutture affinché il meccanismo non collassi, solo in questo modo le misure introdotte da questo decreto legge potrebbero davvero apportare uno scossone e dimostrare la propria efficacia, in caso contrario nutro qualche perplessità”.

Come giudica la possibilità del questore di proporre il divieto di utilizzare piattaforme o servizi informatici e telematici, nonché il divieto di possedere cellulari?

“Affinché tale misura abbia davvero una valenza educativa io ritengo che dovrebbe essere supportata  in primis dalla famiglia. In concreto comunque, a mio parere, di tale misura sarà difficile il controllo del rispetto del divieto”.

Quali sono i reati più diffusi tra i minori?

“Furti, rapine, lesioni, spaccio di droga e reati informatici, come la diffusione di filmati hard su chat e social”.

Lei si occupa di diritto penale minorile, dal suo osservatorio qual è la situazione nel carpigiano? Ha registrato un aumento di reati commessi da giovani e giovanissimi e se sì, quali sono quelli maggiormente ricorrenti? 

“La criminalità minorile anche in una realtà piccola come la nostra si è accentuata in modo tanto significativo quanto preoccupante. Ricordo che solamente dieci anni fa, ad esempio, in studio seguivamo qualche caso all’anno, ma dal 2018 ad oggi abbiamo assistito a una vera e propria impennata. Reati che si consumano in modo trasversale: a delinquere sono sia ragazzi appartenenti a famiglie a basso reddito o in condizioni di emarginazione sociale, che di buona famiglia. Giovanissimi privi di obiettivi e sostanzialmente annoiati. Ragazzi e ragazze indifferentemente e, spesso, parliamo anche di studenti della scuola media inferiore, di tredicenni per intenderci, che commettono reati a qualsiasi ora, anche in pienissimo giorno, e in ogni parte della città. Rispetto al passato, forse, sono diminuite le risse e i danneggiamenti, anche se questi sono i reati che fanno maggiore scalpore poiché commessi davanti a tutti e spesso su pubblica via, ma in realtà, come ho già detto, furti di qualsiasi genere, dai cosmetici ai motorini, rapine, lesioni, spaccio di ogni tipo di droga, bullismo e reati informatici sono oggi i più frequenti”.

Quali scuse adducono per giustificare i propri comportamenti?

“La cosa più triste è che perlopiù non sanno nemmeno rispondere”.

In quanti si ravvedono?

“Purtroppo la minima parte. La stragrande maggioranza non comprende la gravità della propria condotta e fatica a trovare la volontà di affrancarsene. Nel gennaio 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia, ad esempio, mi è capitato di assistere alcuni ragazzi che avevano posizionato dei sassi sulle rotaie della linea ferroviaria nel carpigiano: si sono appena concluse le indagini preliminari e per loro ancora nessuna conseguenza. Nel frattempo stanno crescendo con la credenza che le loro azioni non comporteranno alcuna punizione. Mi ripeto, senza una struttura adeguata a supporto delle istituzioni, ritengo che non vi sia certezza che le misure applicate, o da applicarsi, vengano, poi successivamente tenute sotto controllo nel tempo e che facendo il loro corso portino a vedere realizzato il fine della rieducazione e risocializzazione dei soggetti coinvolti contribuendo a far cessare i comportamenti devianti”.

Jessica Bianchi 

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