Sono stati i comuni della Bassa modenese e quelli della montagna ad aver espresso le maggiori perplessità di fronte alla riorganizzazione della rete dell’Emergenza-urgenza della nostra provincia durante la sessione fiume della Ctss – Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria tenutasi questa mattina a Modena.
E se tutti quanti, dai sindaci ai sindacalisti, convergono sulla necessità di un cambio di rotta per far fronte a uno dei momenti più critici del nostro sistema sanitario, d’altro canto non sono mancate le critiche a questo complesso piano di riordino.
La riforma in atto prevede “il mantenimento di tutti e sette i Pronto Soccorso della provincia in un’ottica di maggior appropriatezza di utilizzo, il potenziamento e l’evoluzione dei Punti di primo intervento per la realizzazione dei primi Cau – Centri di Assistenza e Urgenza (Castelfranco, Finale Emilia e Fanano) e di altri nei vari distretti, tra cui quello di Carpi nel corso del 2024, strutture su cui dirottare codici bianchi e verdi, ovvero urgenze a bassa complessità, da collocare perlopiù all’interno delle Case della Comunità, e alleggerire così la pressione sui Ps”, ha spiegato la direttrice sanitaria dell’Ausl, Romana Bacchi. Un altro obiettivo, prosegue, è poi quello del “superamento del supporto dei medici gettonisti (ancora presenti nei Ps di Carpi e Mirandola)”.
A destare preoccupazione sono in particolar modo la rimodulazione della rete dei mezzi di soccorso sul territorio, “nell’ottica di un uso più efficiente delle risorse sanitarie e del superamento di alcune ridondanze e sovrapposizioni” e il ricorso in modo ancor più massiccio al volontariato.
Se da un lato scontiamo una carenza fortissima di medici e infermieri sul versante del primo soccorso, è altrettanto vero che il mondo dell’associazionismo non se la passa meglio e dunque, si interrogano lecitamente alcuni sindaci, “per quanto ancora il volontariato riuscirà a reggere lo sforzo che gli viene richiesto? Le associazioni faticano a trovare nuove leve e ogni giorno devono fare i conti con sfide economiche complesse legate al mantenimento dei mezzi e alla loro sostituzione. Cosa accadrà sul medio e lungo termine?”.
E se l’appello giunto da più parti è quello di non “mischiare volontari e professionisti”, per molti il boccone più amaro da buttare giù è senza dubbio il ripensamento dei mezzi di soccorso avanzato, ovvero quelli con a bordo medico o infermiere, che compiono “un numero limitato di interventi in aree già adeguatamente servite da altri mezzi”. Ma cosa cambierà di concreto?
Il piano prevede il passaggio dell’automedica di Maranello a infermieristica, la cessazione a Mirandola del servizio notturno di auto infermieristica, decisione legata alla presenza di due ambulanze infermieristiche a Mirandola e a Finale Emilia, lo switch delle ambulanze infermieristiche Modena 6 e Nonantola 12 in mezzi base e si sta valutando una riduzione di 30 ore di presenza dell’infermiere sull’area di Zocca, Montese e Rocca Malatina. Una rimodulazione che Geminiano Bandiera, direttore del Dipartimento interaziendale di Emergenza-Urgenza, ha definito “complessivamente minimale”, che non inficerà “sull’adeguatezza dei servizi resi al cittadino e ai tempi di risposta” ma che consentirà di “non sprecare risorse e mantenere, in prospettiva, la sostenibilità del sistema”.
Oggi il volontariato gestisce già il 50% della flotta di mezzi dell’emergenza-urgenza, senza di lui il sistema non reggerebbe: un impegno titanico, tanto necessario quanto, evidentemente, non più sufficiente. E allora, per far fonte “alla enorme difficoltà di reclutamento di professionisti”, Bandiera auspica “la creazione di ulteriori sinergie capaci di integrare l’attività di professioni e volontari, ad esempio attraverso il coinvolgimento di terzi, come università e altri ambiti formativi”.
Alla presenza dell’assessore regionale Raffaele Donini, che per 5 ore ha presidiato ininterrottamente l’assemblea, i sindaci della montagna e della Bassa hanno chiesto ripetutamente che la riorganizzazione “sia sottoposta a un monitoraggio puntuale per vigilare e intervenire laddove si evidenziassero delle criticità”. Della serie, “ok l’efficienza in un quadro di risorse critico ma è indispensabile preservare la capacità di intervento”.
Una richiesta condivisa anche dal presidente della provincia Fabio Braglia, poiché “solo attraverso una revisione periodica potremo renderci conto se abbiamo sbagliato qualcosa e avere il coraggio di fare un passo indietro per assicurare le giuste risposte”. I sindaci Sauro Borghi (San Prospero) a Michele Goldoni (San Felice), hanno ribadito la necessità di non “depotenziare la Bassa, di estendere H24 il servizio di automedica nel distretto di Mirandola e che potrebbe essere ubicata a Cavezzo o San Prospero per coprire anche Carpi e di potenziare il Ps del Santa Maria Bianca”. “Non soffriamo della sindrome di abbandono ma abbiamo il diritto di ricevere lo stesso trattamento delle altre comunità”, hanno affermato.
L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Carpi, Tamara Calzolari ha invece ribadito l’importanza di “dialogare con le province vicine, a partire da quella di Reggio Emilia, dal momento che un terzo degli accessi al Ps di Carpi arrivano proprio dalla Bassa reggiana. Non possiamo non considerare ciò che accade vicino a noi e la rimodulazione, ad esempio, dell’automedica di Correggio o di quella di Mirandola, non è un fattore secondario. Inoltre – prosegue – sarà decisiva la dotazione tecnologica dei Cau: se i cittadini non vi troveranno una risposta completa, considerandoli inefficienti, torneranno ad affollare i pronto soccorso. Confido poi che questa riorganizzazione sia sottoposta a monitoraggi costanti e che, al contempo, vi sia un concreto sostegno al volontariato a cui non possiamo pensare di addossare semplicemente ulteriori oneri. Infine – ha concluso Calzolari – occorre maggiore informazione: i cittadini sono disorientati rispetto a questo progetto di riforma. Affinchè possa funzionare la cittadinanza deve sapere dove recarsi a seconda delle necessità”.
“Se non adottassimo queste contromisure – ha chiosato Donini prima del voto – rischieremmo di dover chiudere i nostri Pronto Soccorso o di vederne di privatizzati come già accade in altre regioni. Questo è il disegno di partenza e potrà subire modifiche in corso d’opera. Il volontariato non sostituirà i professionisti ma li integrerà e dal momento che i confini tra territori non sono certo la muraglia cinese e visto che Modena non è un’isoletta del Pacifico, penseremo a un sistema più integrato con Bologna così come con Reggio Emilia per dare al cittadino il servizio migliore a livello interprovinciale e interaziendale”.
La riforma è stata approvata in Ctss: 2 i contrari (Fiumalbo e Rio Lunato), 13 gli astenuti (Polinago, Serramazzoni, Guiglia, Zocca, Medolla, Concordia, San Felice, Finale Emilia, San Prospero, Camposanto, Cavezzo, Bomporto, Ravarino, Bastiglia, Nonantola) e 20 i favorevoli (Modena, Palagano, Lama Mocogno, Formigine, Carpi, Castelfranco, San Cesario, Maranello, Fiorano Modenese, Prignano, Soliera, Spilamberto, Castelvetro, Marano, Vignola, Castelnuovo Rangone, Savignano sul Panaro, Pavullo, Pievepelago, Campogalliano).
A restare, sospesa nell’aria, la domanda lanciata dal sindacalista della Uil: “non si possono fare le nozze coi fichi secchi. Dove reperiremo i professionisti” per dare braccia e gambe a questa rivoluzione?
Jessica Bianchi