Niente medici a bordo dei mezzi di soccorso di Carpi e l’automedica resta un miraggio

In uno scenario di vacche magre, anzi magrissime, la riforma dell’Emergenza - Urgenza è l’unica risposta possibile affinché il sistema, assai traballante, tenga ancora un po’. Le incognite però non mancano e hanno tutte lo stesso comune denominatore: la carenza di personale medico e infermieristico in tale ambito sanitario.

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Settembre è arrivato e, insieme a lui, l’annunciata riforma regionale del sistema di Emergenza – Urgenza dovrebbe iniziare a prender forma. Una riorganizzazione che appare come il canto del cigno di una sanità pubblica ormai allo stremo. I nervi scoperti sono sotto gli occhi di tutti e la coperta si è fatta sempre più corta: non è un segreto il fatto che la sanità a livello nazionale stia attraversando il più grande momento di crisi degli ultimi anni e il modenese non fa eccezione. Mancano medici e infermieri e le attese per visite specialistiche e interventi chirurgici sono intollerabili per i cittadini, spesso costretti a rivolgersi alla sanità privata o, ancor peggio, a non curarsi.  Di nuove assunzioni poi, sostanzialmente non se ne parla, come aveva ammesso Stefano Reggiani, direttore generale dell’Ospedale di Sassuolo: “la Regione ha dovuto trovare 100 milioni per chiudere il bilancio 2022 della sanità; non è detto che non assumeremo ma tale processo andrà fatto con attenzione e parsimonia e razionalizzando laddove sarà possibile”. Insomma in uno scenario di vacche magre, anzi magrissime, la riforma dell’Emergenza – Urgenza è l’unica risposta possibile affinché il sistema, assai traballante, tenga ancora un po’. 

Le incognite però non mancano e hanno tutte lo stesso comune denominatore: la carenza di personale medico e infermieristico in tale ambito sanitario.

La “rivoluzione” in atto ha un obiettivo preciso: decongestionare i Pronto Soccorso da tutti coloro che vi ricorrono impropriamente, ovvero codici bianchi e verdi, dirottandoli verso i cosiddetti Cau, Centri di assistenza urgenza, strutture territoriali per le urgenze a bassa complessità che troveranno una collocazione all’interno delle Case della Comunità o presso le attuali sedi di Punti di primo intervento. “Le alternative sarebbero esternalizzare servizi o chiudere dei Ps. Strade che non vogliamo percorrere” ha più volte ribadito l’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini. La domanda pressante però resta: come sarà possibile dare gambe a questa rivoluzione a fronte non solo della latitanza di professionisti dell’Emergenza – Urgenza ma anche della scarsità di medici di Medicina generale, specializzazione oggi considerata assai poco appetibile dai neo laureati? Con quale forze si reggeranno i Cau dove opereranno in equipe le guardie mediche, ora Medici di Continuità Assistenziale? Dove si reperiranno i medici? In certi luoghi, soprattutto i più periferici, e noi lo sappiamo bene, basti pensare a Cortile e Migliarina, “non si trovano medici disposti a rimpiazzare quelli che vanno in pensione poiché certe condizioni di lavoro non sono più considerate accettabili. Oltre alla carenza legata a una programmazione tutt’altro che  brillante, i giovani non si avvicinano a questa specializzazione perchè gli fa paura e chi è a fine carriera appena può scappa. L’auspicio è che creando delle buone condizioni di lavoro nei Cau i medici arrivino. Certo il limite numerico costituisce una criticità. Riusciremo a trovarli tutti? Il dubbio c’è ma io spero di sì”, ci aveva risposto il dottor Daniele Morini, segretario generale FIMMG Emilia-Romagna, durante la conferenza di presentazione della riforma. Insomma il nodo medici c’è eccome e non si risolve certo creando nuovi luoghi di cura.

In sede di Conferenza territoriale sociale e sanitaria della provincia di Modena si è discusso a lungo dell’evoluzione della rete dell’emergenza territoriale e, tra i temi all’ordine del giorno, vi è stata anche la valutazione della rete dei mezzi di soccorso, il confronto fra 118 e associazioni di volontariato per l’utilizzo efficace e appropriato dei mezzi in funzione del bisogno e l’elaborazione di progettualità complementari a supporto della rete. L’obiettivo? “Migliorare l’appropriatezza dei mezzi di intervento, ridurre eventuali sovrapposizioni di mezzi di soccorso, arrivare a una maggiore integrazione con le associazioni di volontariato” si legge in una nota dell’Ausl di Modena. Ma cosa significa concretamente per la nostra città? Cosa cambierà? Il nostro distretto verrà finalmente dotato di un mezzo di soccorso avanzato fondamentale come l’automedica? No, Carpi continuerà a non avere medici a bordo dei propri mezzi poiché, come comunicano dall’Ausl, “sulla base dell’analisi dei dati, la rete dei mezzi di soccorso sul Distretto di Carpi risulta pienamente in grado di fornire una risposta puntuale e di qualità alle necessità legate all’emergenza sul territorio. Pertanto la valutazione in corso su questo Distretto prevede un orientamento verso il mantenimento del modello attuale per quanto riguarda i mezzi, integrati dal rafforzamento della risposta relativa all’urgenza differibile, con la prevista realizzazione dei CAU”. D’altronde se non ci sono medici che vogliono lavorare in Pronto Soccorso, figuriamoci in ambulanza… ecco perché si è costretti ad alzare in volo l’elisoccorso ogniqualvolta l’automedica più vicina a noi, ora spostata, col disappunto anche dei nostri amministratori, da Correggio a Novellara, è impegnata altrove. I mezzi sono pochi e i medici ancor meno. 

Le aziende sanitarie la chiamano “ottimizzazione delle risorse” in realtà è il segno sempre più tangibile di come la sanità pubblica stia affondando per mancanza di risorse e personale. Si allargano i territori di competenza, il bacino di utenza… a restringersi sono solo le forze in campo. Certo il servizio di elisoccorso è stato potenziato e nonostante i suoi costi elevatissimi lo vediamo alzarsi in volo sempre più spesso. Perchè? Per una ragione evidente: non ci sono abbastanza medici da mettere sui mezzi di soccorso avanzato come le auto mediche. E Carpi resta ancora a bocca asciutta.

Jessica Bianchi 

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