Al butéeghi èd ‘na vòolta: alzi la mano chi ricorda i Fratelli Karamazov di Carpi!

Tra le tante botteghe che punteggiavamo Carpi ve n’era una dal sapore del tutto speciale. Stiamo parlando della butéega di fradée Saetta! I drughéer Giorgio, Lazzaro (detto Blònnd) e Oliviero Saetti erano all’inizio di Portico del Grano e il loro antico esercizio commerciale profumava di buono e di caffè tostato.

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1989 - Giorgio, Lazzaro (detto Biònnd che aveva una macelleria in corso Cabassi) e Oliviero Saetti

Sarà per il caldo e l’inevitabile indolenza che lo accompagna che in questi giorni amo indulgere su una Carpi ormai perduta. Una città scomparsa, le cui tracce continuano a vivere soltanto nei ricordi dei più âgé. Tra loro sono numerosi coloro che ricordano al butéeghi èd ‘na vòolta, quei piccoli bazar nei quali potevi trovare di tutto, dalle sarde sotto sale all’olio, rigorosamente venduto a peso, dalle spezie alle matite, alle caramelle… Prodotti che, spiega, l’appassionato di storia locale Mauro D’Orazi, “si acquistavano nudi, avvolti nella carta gialla o blu o in quella oleata”. Pacchettini green molto lontani dall’esasperato packaging del mondo moderno.  Anni in cui la parola data e il pagherò, erano una garanzia: “i contadini – prosegue – scambiavano uova o altri prodotti in cambio di baccalà o di sapone per il bucato e molto spesso si segnava tutto su un libretto, al librètt di count e si pagava a fine mese o dopo il raccolto”.  Punti di ritrovo, le vecchie drogherie come erano chiamate, rappresentavano un fondamentale luogo di scambio, ascolto e chiacchiere. Di lunghe ṡbraghirèedi perchè il tempo, allora, era come dilatato, e le relazioni venivano prima di ogni altra cosa. Tra le tante botteghe che punteggiavamo Carpi ve n’era una dal sapore del tutto speciale. Alzi la mano chi ricorda la butéega di fradée Saetta! I drughéer Giorgio e Oliviero Saetti (il terzo fratello Lazzaro, detto Biònnd, aveva una macelleria in corso Cabassi) erano all’inizio di Portico del Grano e il loro antico esercizio commerciale (risalente al 1883), sottolinea D’Orazi “era curatissimo dentro e fuori; venivano approntati speciali e spettacolari allestimenti, in particolare per le feste natalizie e pasquali; quando era il tempo di imbottigliare al lambrùssch nóov o la cunsèerva èd pondòor un paio di grossi sacchi strapieni di tappi di sughero venivano collocati in bella vista sotto il portico con i relativi prezzi. Quando entravi ciò che ti colpiva era il profumo, l’odore di buono e l’aroma di caffè tostato. In fondo c’era una porticina con il magazzino dove si vociferava che i fratelli servissero agli amici, in piccoli bicchieri, prelibati nocini, vermouth e speciali liquorini della tradizione carpigiana. Con la bella stagione poi i Saetti allestivano alcuni tavolini sotto al Portico del Grano”. La bottega era anche un paradiso per i più piccoli, attirati dai grandi vasi colmi di caramelle e dolciumi: “ricordo ancora le loro deliziose Nougatine Moretto Venchi, da ṡò d tèesta! Le mangiavo fino a quando il sacchettino che mi davano non restava vuoto” sorride D’Orazi.

Nel 2009, a 95 anni suonati, Oliviero Saetti morì e il Consiglio Comunale volle celebrarlo come ultimo membro della prima assemblea civica del 1945.  Il 14 gennaio 2010 alla presenza dei parenti più stretti dell’ex consigliere scomparso, durante la seduta del Civico consesso, l’allora presidente del Consiglio Comunale Giovanni Taurasi diede lettura a un lungo omaggio a Oliviero, recuperato dal segretario verbalizzante Mauro D’Orazi. Eccone alcuni stralci: “Il 19 dicembre 2009 è scomparso a 95 anni Oliviero Saetti. Fece parte del primo Consiglio comunale nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale e poi venne eletto nei successivi 4 mandati, rimanendo nel civico consesso dal 1945 al 1964. Era l’ultimo rappresentante vivente del primo Consiglio democratico del dopoguerra… 

Era soprannominato ‘al drughéer, per il negozio di fronte al Municipio che gestiva insieme al fratello Giorgio. Li chiamavano i fratelli Karamazov, non per accostarli ai personaggi del romanzo di Dostoevskij, quanto per richiamare da un lato il loro legame con la storia comunista e la Russia, dall’altro per evocare uno stile ottocentesco e distinto che li caratterizzava. In realtà Saetti era un comunista atipico, vista la sua estrazione sociale borghese e la sua attività che lo conduceva ad avere rapporti con tutta la comunità. Me lo immagino ogni mattina alzare la saracinesca del suo negozio sotto il Portico del Grano e lanciare uno sguardo nostalgico verso Palazzo Scacchetti. Da uomo arguto qual era, magari oggi, guardandosi intorno e vedendo una città trasformata dal punto di vista urbanistico e sociale e un mondo completamente diverso da quello del suo Secolo, il Novecento, forse avrebbe commentato, col dialetto che amava: S i m l issen ditt, a n gh avrèvv màai cherdùu! (Se me lo avessero detto, non ci avrei mai creduto!). E poi avrebbe aggiunto, da sincero democratico e da uomo che sa vivere il suo tempo: Mò, fóorse l’è giùssta acsè (Ma forse è giusto così)”.

Chissà se ancora oggi guardando la nostra Carpi sarebbe stato dello stesso parere…

A cura di Jessica Bianchi 

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