Uff che chèeld… ecco come i carpigiani di ieri si difendevano dal caldo

A pèer d èeser in ‘na landa. O, ancora, A m suuda la lingua in bòcca. E poi la mia preferita, A gh è un chèeld ch a bruusa (al striina) al cuul al galèini. L’italiano non è “abbastanza” potente per descrivere appieno l’umido caldo emiliano, mentre il nostro bel dialetto, al contrario, pare disegnarlo con potente efficacia. Oggi per far fronte alla canicola cittadina corrono in nostro aiuto ventilatori e impianti di condizionamento ma un tempo per trovare un po’ di refrigerio dallo ṡbuiùss i nostri nonni e bisnonni dovevano decisamente improvvisare coi pochi mezzi a loro disposizione. Una Carpi, la loro, pressoché scomparsa, come i Bif, le fette di cocomero al parco e i tuffi a Lama Beach…

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1955 - Gara di nuoto nella Lama in via Tre Ponti

A pèer d èeser in ‘na landa. O, ancora, A m suuda la lingua in bòcca. E poi la mia preferita, A gh è un chèeld ch a bruusa (al striina) al cuul al galèini. L’italiano non è “abbastanza” potente per descrivere appieno l’umido caldo emiliano, mentre il nostro bel dialetto, al contrario, pare disegnarlo con potente efficacia. Oggi per far fronte alla canicola cittadina corrono in nostro aiuto ventilatori e impianti di condizionamento ma un tempo per trovare un po’ di refrigerio dallo ṡbuiùss i nostri nonni e bisnonni dovevano decisamente improvvisare coi pochi mezzi a loro disposizione. “I ragazzi – scrive Mauro Dorry D’Orazi, grande appassionato di storia locale – si arrangiavano come potevano e andavano a fare il bagno nella Lama, dove il Comune offriva un poco di attrezzatura e un istruttore/bagnino (sono ormai entrati nel mito gli epici Ugo Turrini e Ardore) che ha insegnato a nuotare a tanti carpigiani”. Il Canale Lama, dove l’acqua scorreva pulita, sino agli anni Sessanta, rappresentava la meta di tanti carpigiani che, perlopiù in bicicletta, vi si portavano per pescare, fare il bagno o semplicemente trascorrere qualche ora in compagnia.

“Si frequentavano anche il Secchia o il laghetto (la bòtta) del Bacino della Bonifica a Quartirolo. In tutti questi luoghi – prosegue D’Orazi – i maschietti si cimentavano in prove di ardimento e gare di nuoto. Il Comune organizzava colonie estive al mare a Ponte Marano e in montagna, ma anche a San Martino Secchia funzionava un affollato centro elioterapico. Un nome altisonante, benefico e salutare, che ispirava rispetto solo a pronunciarlo anche se in realtà era ben poca cosa. Tutte iniziative a cui il sindaco Bruno Losi teneva moltissimo, anche come contributo per allontanare lo spettro della TBC, che fino mezzo secolo fa non scherzava”. E poi, per far fronte allo stòofegh (ndr – l’afa) “noi ragazzini – conclude D’Orazi – andavano a giocare al Parco e lì c’era un barettino dove vendevano i Bif, i ghiaccioli. Se eri fortunato nel bastoncino potevi trovare una stella marroncina e ne vincevi un altro. I carpigiani la sera i tulivèen arsòor (prendevano respiro, sollievo), occupando i tavolini dei bar in piazza. Infine nei miei ricordi ci sono i bellissimi dopo cena con la mia famiglia sempre al Parco, ma stavolta presso la famosa baracchina di cocomere della nota famiglia Bencivenni. Alla frescura serale, sotto le fronde, si univa una fetta di cocomero gelato: una delizia, un paradiso in terra. Il benessere economico, esploso agli all’inizio degli Anni ’60, ci consentiva anche questo piccolo lusso. Con poco si toccava la felicità”.

Una Carpi scomparsa, come i Bif, le fette di cocomero al parco e i tuffi a Lama Beach… 

J.B.

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