“L’intervento del Governo sull’abuso d’ufficio va nella giusta direzione di promuovere l’amministrazione del fare. La paura della firma ha bloccato questo Paese per troppi anni”. E’ pressoché unanime il consenso tra politici e amministratori di diverso colore alla cosiddetta Riforma Nordio sulla giustizia la quale prevede, tra gli altri, l’abolizione del reato di abuso d’ufficio.
Qualora il Parlamento desse il definitivo nullaosta, tale reato verrà stralciato dal codice penale, una derubricazione chiesta con forza soprattutto dai sindaci che vedono nell’abuso d’ufficio un vincolo. Il disegno di legge del ministro Carlo Nordio ha però riacceso le tensioni tra il Guardasigilli e la magistratura la quale ha più volte ribadito come oggi la norma sia scritta in termini rigorosi che poco si prestano a torsioni interpretative respingendo così la presunta “paura della firma” citata qualche mese fa dalla presidente Meloni. Sul delicato tema è intervenuto l’avvocato penalista carpigiano Cosimo Zaccaria: “con questo passaggio della Riforma – spiega – si vuole arrivare a un assetto più chiaro e intellegibile per tutti gli amministratori che, nella quotidianità, devono dare risposte fattive ai cittadini rispetto a bizantinismi che ostacolano la velocità della pubblica amministrazione”.
A chi sostiene che il reato di abuso d’ufficio sia una norma a presidio della legalità e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, con una funzione di notevole utilità anche come reato spia di altre ipotesi più gravi, Zaccaria chiarisce come “nell’ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione, con tutte le riforme che si sono susseguite e in particolare durante il periodo Bonafede, vi siano una serie di reati che mappano già tutto il malcostume ipotetico a opera degli amministratori pubblici. Ricordiamoci – conclude il penalista – che siamo tutti esseri umani e che per dare risposte ai cittadini essere inseriti in una condizione di sistematico timore risulta paralizzante rispetto a una società che viaggia a notevole velocità e necessita di concretezza, non di teoremi”.
J.B.