Il bere compulsivo di un familiare o di un amico non colpisce solo l’individuo, ma coinvolge l’intero gruppo familiare. Chiunque condivida l’esistenza o la vicinanza con un bevitore problematico vive in uno stato di profondo disagio, ansia, vergogna, solitudine e paura qualora il soggetto sia anche violento. A tali aspetti di carattere psicologico se ne associano molto spesso altri di ordine pratico ed economico. Seppure in modi diversi, quindi, chi vive a contatto con un bevitore problematico ha bisogno di un recupero, tanto quanto l’alcolista. A tale scopo è sorta l’associazione Gruppi Familiari Al-Anon di cui fanno parte persone che hanno parenti o amici per i quali l’alcol è divenuto un problema. I gruppi – che sono autonomi, si autofinanziano e nei quali è garantito l’anonimato – si riuniscono per discutere insieme dei problemi che nascono dalla convivenza con un bevitore problematico. Solo la condivisione di esperienze comuni e la solidarietà che si incontra nel gruppo permettono di affrontare meglio le difficoltà quotidiane.
Tra i membri vi è anche Giuseppina che ha iniziato a frequentare il gruppo un paio di anni fa: “ho conosciuto l’associazione grazie al mio famigliare alcolista”, racconta. “Una sera lo accompagnai a un incontro degli Alcolisti Anonimi e lì mi dissero che sarei dovuta entrare in un’altra stanza, dove c’erano i familiari. Varcai la soglia della stanza, chiedendomi cosa ci facessi lì. Ero molto in imbarazzo. I membri presenti fecero del loro meglio per farmi sentire la benvenuta, ma continuavo a ripetermi che io non avevo problemi e non sarei dovuta essere lì. Poi però ritornai la settimana dopo e quella dopo ancora”. Al-Anon è stata fondamentale per Giuseppina: “mi ha tolto tante paure, rendendomi una persona diversa, capace di affrontare la vita in modo più consapevole, grazie a una ritrovata autostima. Ho imparato a lasciare agli altri le loro responsabilità; prima di incontrare l’Associazione, ero io che risolvevo in qualche modo le situazioni più spinose, perché pensavo di essere la più adatta a farlo, ma quanto mi sono sbagliata e quanto ho sofferto. Le condizioni della mia famiglia non dovevano essere conosciute da nessuno. Quanto era diversa da quella che mi ero immaginata”. Giuseppina continua a frequentare i Gruppi perché, spiega, “sono diventati la mia seconda famiglia, dove posso esprimermi, raccontare, ridere, piangere, sapendo di non essere giudicata”. A coloro che hanno un familiare con un problema dovuto all’alcool, conclude la donna, “raccomando di venire ai gruppi, ma non solo una prima volta, come spesso succede, ma di continuare, anche se so che il cammino per lavorare su se stessi non è facile, noi familiari spesso andiamo per trovare soluzioni, per far smettere di bere l’altra persona, ben presto impariamo che siamo impotenti, di fronte a questa malattia. Lavoriamo dunque su noi stessi, ritroviamo così la serenità di accettare ciò che non è in nostro potere cambiare . Impariamo ad amarci”.
A Carpi il gruppo si riunisce in via Carlo Marx, presso la Chiesa di Quartirolo, tutti i mercoledì, alle 20,45.
J.B.