La Regione pareggia i conti delle Aziende sanitarie per il 2022 tappando un buco di quasi mezzo miliardo. Per quanto ancora?

Fugato il rischio commissariamento, c’è da chiedersi sino a quando la Regione sarà in grado di sopperire alle mancanze del Governo centrale con risorse proprie a fronte di una popolazione sempre più vecchia e malata e dunque bisognosa di cure e assistenza. Per quanto ancora “terrà” il sistema sanitario pubblico?

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Raffaele Donini, assessore regionale alle politiche per la salute, XI legislatura

I bilanci consuntivi 2022 delle Aziende sanitarie tornano in equilibrio, grazie alla Regione, che attraverso il proprio bilancio, per il terzo anno consecutivo, ha fronteggiato l’esorbitante aumento dei costi dovuti al Covid, ai rincari dell’energia e dei prezzi, coprendo i mancati trasferimenti nazionali. “Il sottofinanziamento nazionale nel triennio 2020-2023 ammonta ormai a quasi 1 miliardo di euro per l’Emilia Romagna”, ha spiegato l’assessore regionale al Bilancio, Paolo Calvano. Una voragine, quella dei bilanci delle varie aziende sanitarie ragionali, colmata grazie “all’accantonamento di fondi regionali extra-sanitari – per 85 milioni di euro – e al ricorso dell’avanzo vincolato. Un’operazione straordinaria, l’ennesima, frutto della gestione accorta ed equilibrata di un bilancio sano. Rimane ora aperta la partita del 2023 – conclude Calvano – che riguarda tutti i sistemi sanitari regionali del Paese. La nostra battaglia proseguirà”.

Archiviato il 2022 infatti, da Viale Aldo Moro riparte la discussione col Governo centrale per il rifinanziamento del sistema sanitario pubblico da parte dello Stato: le risorse stanziate da Roma per il 2023 non copriranno l’aumento dei costi dovuti a energia e inflazione, determinando un secco arretramento del SSN. Non è un caso che da quest’anno la spesa sanitaria rispetto al PIL torni costantemente a ridursi anche nelle previsioni del Governo. Se l’emergenza pandemica doveva rappresentare uno spartiacque e l’uscita dal Covid l’occasione di un rilancio del Servizio sanitario nazionale – il rapporto tra spesa sanitaria e Pil aveva superato la soglia del 7% e determinato la risposta eccezionale del PNRR, con 19 miliardi destinati proprio agli investimenti in Sanità – la conclusione della Regione Emilia-Romagna è che, a conti fatti, rischi invece ora di essere archiviata solo come una parentesi, senza che venga tratto alcun insegnamento.

“E’ il terzo anno – ha commentato l’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini – che chiudiamo in pareggio il bilancio della sanità con innesti di risorse proprie in supplenza a un finanziamento nazionale che non è arrivato col Governo Draghi né tantomeno con quello Meloni. Nonostante nel 2022 abbiamo registrato quasi mezzo miliardo di spese non rimborsate chiudiamo in pareggio mettendo in campo 85 milioni di avanzo, circa 200 milioni di risparmi sulle gare ottenuti con la centrale unica Intercenter e 71 milioni di premio nazionale per l’applicazione virtuosa dei Lea – Livelli essenziali di assistenza. Continueremo a rivendicare per noi e le altre regioni in Italia il rimborso delle spese Covid sostenute e non risarcite del 2021 e del 2022, che superano gli 800 milioni di euro, e il riconoscimento del caro bollette perché per noi la tenuta di una sanità pubblica e universalistica è imprescindibile”. 

Fugato il rischio commissariamento, c’è da chiedersi sino a quando la Regione sarà in grado di sopperire alle mancanze del Governo centrale con risorse proprie a fronte di una popolazione sempre più vecchia e malata e dunque bisognosa di cure e assistenza. Per quanto ancora “terrà” il sistema sanitario pubblico? 

Jessica Bianchi 

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