Il Teatro Comunale di Carpi fu inaugurato nell’agosto 1861 con Rigoletto

Rigoletto è l'Opera per antonomasia a Carpi: ha avuto quasi venti rappresentazioni sul nostro palcoscenico, di varia natura e intendimento. L'attuale edizione presentata nei giorni scorsi dal Circolo Lirico Culturale Pavarotti, però, ha affrontato il lavoro verdiano giocando sul dualismo "Dramma" e "Melodramma". Un “esperimento teatrale-didattico di tutto rispetto” scrive nella sua critica Mario Bizzoccoli.

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Come giudicare lo spettacolo del Rigoletto, presentato dal Circolo Lirico Culturale Pavarotti sulle consuete tavole del Teatro Comunale?  Quando si affronta un lavoro strutturato e costruito con una particolare attenzione innovativa (questa, diciamolo subito, innegabile), diventa anche difficile esprimere ragioni o espressioni contrarie. Rigoletto è l’Opera per antonomasia a Carpi: il grande lavoro verdiano è stata, lo sappiamo, l’Opera che, nell’agosto 1861, ha inaugurato il Teatro Comunale di Carpi. Rigoletto, da allora a oggi, ha avuto quasi venti rappresentazioni sul nostro palcoscenico, di varia natura e intendimento: dalla classica opera scenica completa di tutto, al concerto, sia che fosse rappresentativo, antologico, puramente esecutivo… L’attuale edizione, però, ha affrontato il lavoro verdiano giocando sul dualismo “Dramma” e “Melodramma”. Così, è stato concepito uno spettacolo nettamente distinto in due parti, distinte, sì, ma, al tempo stesso, correlate. Insomma, il “Dramma” è una rilettura linguistico-scenica del libretto originale di F.M. Piave, tradotto in linguaggio contemporaneo e drammatizzato da Soliapa Duacaliga perché fosse veramente “Prosa”. E così è stato: il gruppo di attrici ed attori, sapientemente coordinato da quell’animale da palcoscenico che è Paolo Dall’Olio, ha reso vivo e sincero il dramma verdiano, giocando sulla coralità e lo straniamento, sulla singolarità (Duca, Rigoletto, Gilda, Maddalena) e lo sdoppiamento (Sparafucile e i personaggi collaterali).

Senza far torto a nessuno, dobbiamo segnalare, in particolare, i debuttanti Lucia Spadafora, una Gilda intensa, non falsamente ingenua, Massimo Cucconi, nel ruolo di Monterone che ha saputo connotare lo sfortunato “Padre Nobile”, passionale e veemente, come quell’ago della bilancia che è il lanciatore della “Maledizione”, il vero plot del dramma, e  Andrea De Stradis, un Duca veramente cinico a cui l’attore ha riservato un bellissimo atto di straniamento, sostituendo le tirades con una doppia esecuzione (magistrale) al saxofono, la sua vera lingua-spada…Gli altri attori sono dei veterani capaci e travolgenti: Simone Olivieri, Rigoletto tormentato ed espressivo, Renato Bassoli, un invelenito e atroce Sparafucile, verdiano e brechtiano al tempo stesso, Milva Zanasi, una Giovanna doppia e maliziosa, Lina Taddeo, Maddalena seduttiva e sofferente, Sara Gozzi, Contessa di Ceprano e motore nobile della coralità.  Sul versante del Melodramma è da segnalare l’ottimo sostegno sonoro e concertante dei Virtuosi dell’Orchestra delle Terre Verdiane, diretti da quell’incredibile concertatore e strumentatore che è Stefano Giaroli, mentre tutti i cantanti, a partire da quello specialista riconosciuto del personaggio “Rigoletto”, Marzio Giossi, hanno saputo, oltre che mantenere una solidità armonica ed enunciativa dei propri ruoli, creare, letteralmente, un “teatro di corpo”: senza scenografia, costumi e coro hanno fatto … tutto e di più. I loro colleghi attori erano ammirati e sono stati i primi ad acclamarli: Scilla Cristiano (Gilda), Giuseppe Michelangelo Infantino (Duca) e Claudia Marchi (Maddalena) personaggi principali e “fissi”, quindi altamente caratterizzati sia vocalmente che attorialmente, mentre il valoroso Massimiliano Catellani ha giocato sul “suo” straniamento, prendendo su di sé le parti estremamente diverse e contrastanti dello sfortunato Monterone e del cinico Sparafucile. Una vera sorpresa, in tutti i sensi è il giovanissimo mezzosoprano Anna Geremia, allieva di Claudia Marchi (e da lei proposta) che ha, letteralmente, debuttato professionalmente, iniziando la sua carriera sulle nostre scene, e praticando diversi personaggi, collaterali ma necessari. In conclusione, anche non citando specificatamente il caloroso plauso del pubblico, si è potuto assistere ad un esperimento teatrale-didattico di tutto rispetto.

Mario Bizzoccoli