Aggressioni fisiche e verbali, sottorganico, tensioni interne. Il Pronto Soccorso di Carpi è una vera e propria polveriera. La situazione, ormai intollerabile, è sotto agli occhi di tutti: gli operatori sempre più stanchi faticano a tenere il passo, i medici da 16 in pochi anni si sono ridotti a 9, primario compreso, e le attese per l’utenza diventano estenuanti.
Da anni i sindacati perorano la causa dei professionisti, messi ulteriormente in ginocchio dalla pandemia, denunciando il rischio burnout e le inevitabili ripercussioni che un servizio inefficiente ha sulla cittadinanza. I loro appelli, caduti nel corso del tempo nel vuoto, dopo la “spedizione punitiva” in Pronto soccorso delle scorse settimane che ha rischiato di interrompere l’attività del servizio e complice anche il cambio di dirigenza dell’Ausl, pare stiano portando qualche risultato. Certo è ancora presto per cantare vittoria ma che qualcosa si stia muovendo è innegabile dopo i numerosi incontri, svoltisi in questi giorni in rapida successione, tra dirigenti dell’azienda e sigle sindacali. I fronti su cui lavorare sono sostanzialmente tre e sono di carattere strutturale, organizzativo e relazionale.
“Da almeno quattro anni – spiega Alessandro De Nicola, responsabile sanità della Fp Cgil Modena – la direzione è consapevole delle criticità esistenti all’interno del Ps di Carpi ma la tattica adottata sinora è sempre stata quella di rimandare il problema anziché affrontarlo di petto. Ora invece abbiamo registrato una volontà di superamento mai dimostrata prima”.
Per tentare di arginare il preoccupante e crescente fenomeno delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari, l’Ausl “ci ha assicurato che entro il mese di dicembre verrà rafforzato il sistema di videosorveglianza, con registrazioni fino a 72 ore, potenziata la frequenza di passaggio della vigilanza e nell’area del triage sarà installato un pulsante di chiamata rapida per richiedere tempestivamente l’intervento della guardia giurata”.
A concordare sul bisogno non più differibile e urgente di investire su tali dotazioni è anche il sindacato NurSind ma, come sottolinea il segretario provinciale Gino Piragine, è fondamentale fare un passo in più: “per contenere le aggressioni è opportuno agire sulla riduzione dei lunghi tempi di attesa e il conseguente sovraffollamento. Esaminando vari episodi violenti, infatti, si evince come le cause che possono portare a tensioni e aggressioni siano correlate proprio alla gestione di questi due indici. Per tale motivo insistiamo da tempo e a gran voce sulla necessità di migliorare le tempistiche relative al percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti, possibile solo attraverso un aumento dell’organico e una riorganizzazione delle procedure. Il punto di massima criticità è senza dubbio quello del triage, pertanto abbiamo insistito affinché la figura dell’infermiere triagista non venga considerata una sorta di tuttofare, bensì un professionista impegnato ad adempiere esclusivamente il proprio compito. Un’altra criticità che abbiamo evidenziato è invece legata alla gestione della privacy del paziente, il quale spesso si ritrova in ambienti non idonei a garantirne il pieno rispetto”.
Per tentare poi di alleggerire il carico di lavoro dei professionisti ormai prostrati da una situazione a dir poco cronicizzata l’idea è quella di “spacchettare” il Pronto Soccorso dall’adiacente Medicina d’urgenza, entrambi afferenti al Dipartimento di Emergenza – Urgenza.
“L’organizzazione è molto complessa – prosegue De Nicola – e quindi la direzione ha deciso di alleggerire il carico del primario che resta in capo al Pronto Soccorso mentre Fabrizio Turrini diventa il nuovo direttore della Struttura complessa di Medicina Interna del Ramazzini. In continuità con tale decisione anche il coordinamento del personale non sarà più gestito da una persona sola ma da due”.
Facce nuove che, forse, ma questo solo il tempo lo dirà, “potrebbero migliorare le dinamiche che si sono create in Pronto Soccorso. La carenza dei medici – sottolinea De Nicola – è un problema nazionale ma a Carpi le criticità sono particolarmente accentuate a causa di difficoltà relazionali tra i responsabili e gli operatori. L’inserimento di nuovi punti di riferimento e la semplificazione del carico di lavoro, attraverso la divisione di Ps e Medicina d’Urgenza, potranno favorire un miglioramento”.
Innalzare il livello di sicurezza e migliorare l’organizzazione del lavoro basterà per metterci una pezza? Sarà sufficiente per quietare animi ormai esacerbati da anni di appelli rimasti inascoltati?
A insistere sulla necessità da parte dell’azienda di tutelare i suoi professionisti “attraverso percorsi di sorveglianza sanitaria al fine di gestire e prevenire la sindrome da burnout” è il NurSind: solo così infatti, conclude Piragine, “non si corre il rischio che altri operatori abbandonino il campo”.
Jessica Bianchi