Un fenomeno, quello dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, in fortissima crescita e acuito in modo considerevole dall’emergenza sanitaria legata alla pandemia: nel 2021 in Emilia Romagna sono stati 2.008 i pazienti presi in carico tra Centri di salute mentale (1.379 persone) e Neuropsichiatrie dell’infanzia e dell’adolescenza (629), segnando un +31% rispetto agli assistito nel 2020.
Il 92,2% dei casi è costituto da donne, oltre i due terzi appartengono alla fascia d’età 12-30 anni. I ricoveri sono stati 1.248 e hanno riguardato 856 persone.
“La comparsa di questi disturbi in età pre adolescenziale – ha spiegato in Commissione Politiche per la salute e politiche sociali a Bologna, il responsabile dell’Area salute mentale e dipendenze patologiche, Alessio Saponaro – può creare danni permanenti sulla salute, se non si interviene precocemente. Non ho mai visto un altro fenomeno crescere tanto in termini numerici nella mia carriera professionale (rispetto al 2013 i disturbi della nutrizione hanno segnato un +234%). Certo siamo diventati più capaci nell’intercettare questi pazienti e inserirli prima nei percorsi a loro dedicati ma i numeri sono davvero importanti e impattanti sui servizi”.
Per tentare di contrastare l’avanzata dei disturbi legati al cibo la Regione si è aggiudicata quasi 1,9 milioni di euro di finanziamenti statali (col progetto Linee di intervento per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione che ha ottenuto il via libera dal Ministero della Salute) che si vanno così a sommare agli 820mila euro messi in campo direttamente dalla Regione (104mila quelli destinati a Modena).
“Il progetto ha come principale obiettivo quello di stabilizzare e consolidare l’attuale modello organizzativo regionale della rete ambulatoriale basato sull’équipe multidisciplinare per l’intercettazione precoce dei disturbi alimentari, e garantire prossimità territoriale e adeguatezza delle cure. Altre finalità sono l’implementazione e l’omogeneizzazione del Percorso diagnostico terapeutico assistenziale in ogni Azienda Usl e Azienda Ospedaliero-Universitaria dell’Emilia-Romagna, compatibilmente con le specificità organizzative e territoriali”, ha concluso il Saponaro. Ogni intervento infatti, per essere efficace, ha aggiunto il direttore del Programma nutrizione clinica e dietologia dell’Ausl della Romagna, Giuseppe Benati “deve essere erogato in modo integrato, tra l’area psicologica e quella della rete di nutrizione clinica, in un’ottica di continuum, dalla prevenzione alla presa in carico, per la diagnosi e la cura. Questi sono pazienti fluidi che tendenzialmente si cronicizzano e che nel corso del tempo necessitano di interventi semplici e complessi, passando dal counseling nutrizionale e ai pasti assistiti ad esempio fino alla nutrizione artificiale. In alcune situazioni si rende poi necessario il ricovero ospedaliero, non finalizzato alla guarigione bensì alla stabilizzazione delle acuzie, e la continuità dell’assistenza, in ingresso come in uscita, è indispensabile”.
Ospedale e territorio devono parlare la stessa lingua come ha ribadito più e più volte anche il professore associato di Pediatria dell’Università di Parma nonché Direttore dell’Unità Operativa di pediatria e neonatologia dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza, Giacomo Biasucci, il quale ha sottolineato come “l’esordio di queste patologie sia sempre più precoce. I disturbi della nutrizione in età evolutiva (0-18 anni) – ha spiegato – sono molto frequenti e per gli adolescenti costituiscono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali”. E se nell’età evolutiva la malattia più frequente è l’anoressia nervosa, ha aggiunto il professore, “negli ultimi anni si sta diffondendo il cosiddetto disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo il quale a sua volta può comportare urgenze di carattere metabolico e conseguenti ricoveri oltre a rappresentare un fattore predisponente a una patologia più strutturata. Una nuova entità patologica che può colpire bimbi anche piccolissimi di 3, 4 o 5 anni”.
Intercettare bambini e giovani a rischio con tempestività è fondamentale e per questo motivo, “è necessario che pediatri di libera scelta, mondo della scuola e società sportive facciano la loro parte. La Società italiana di pediatria da qualche anno ha poi redatto una sorta di mini questionario da fare agli adolescenti o ai genitori per definire un quadro di rischio precoce. I pediatri di Piacenza lo utilizzano già e la loro esperienza positiva potrebbe essere allargata anche ad altri territori. Bambini e ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo a scuola, la formazione dei docenti è cruciale. Quando si parla di corretti stili di vita e di alimentazione tra i banchi di scuola le parole diventano importanti: alcune sono pericolose per i giovani predisposti e dovrebbero essere evitate ma per poterlo fare occorre conoscerle. Anche gli allenatori possono giocare un ruolo molto importante non dimentichiamolo così come ricordiamoci che vi sono sport predisponenti”.
Stringere una sorta di alleanza terapeutica può fare la differenza per individuare sin da dubito comportamenti a rischio e cercare di correre ai ripari prima che tali disturbi, i cui numeri sono a dir poco raggelanti, diventino cronici. Patologie che rappresentano un vero e proprio tsunami per chi ne soffre e per le loro famiglie.
Jessica Bianchi