Malavasi (PD): “una nuova realtà, nuove prospettive e nuovi problemi, richiedono linguaggi e soluzioni diverse”

L’ex sindaca di Correggio Ilenia Malavasi è stata eletta alla Camera. Sul risultato elettorale del Partito Democratico, “la nostra responsabilità – afferma - è quella di non essere riusciti a far passare il messaggio, i valori e il programma secondo me ottimo che avevamo messo a punto”.

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Per un cambiamento profondo nel Pd, il Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini vuole nel gruppo dirigente più amministratori locali, donne e uomini, spesso giovani che ogni giorno devono dare risposte ai cittadini sui problemi reali: Ilenia Malavasi appartiene a questa categoria. L’ex sindaca di Correggio è stata eletta alla Camera col 39,6% staccando l’avversaria del centro destra Roberta Rigon che si è fermata al 33,7%.

Rispetto ai risultati elettorali c’è qualcosa che ti aspettavi e che si è verificato? Cosa invece non ti aspettavi?

“Parlando con le persone in campagna elettorale, nei mercati e nelle tante iniziative fatte, si percepiva un clima non favorevole. Questo mi ha messo in allerta e ho lavorato senza dare nulla per scontato, perché temevo quello che poi si è verificato, ossia una netta affermazione della destra a livello nazionale. D’altra parte, la destra era data in largo vantaggio in tutti i sondaggi. A livello personale, invece, mi ha fatto molto piacere il risultato ottenuto nel mio collegio. Oggi posso dire che non era affatto un collegio blindato, per tutta una serie di fattori legati alla conoscenza delle dinamiche del mio territorio e al fatto che i miei avversari potessero contare sul vento favorevole che ha spinto oltremodo la loro coalizione. Nei giorni di campagna elettorale ho potuto contare sul grande lavoro che tanti volontari, tanti amici e tanti circoli hanno fatto per organizzare e promuovere incontri e appuntamenti: c’è una base elettorale che rappresenta una ricchezza preziosissima, che si spende ogni giorno nei propri territori, si confronta con le persone e non solamente sui social, un mondo al quale mi sento contemporaneamente molto legata e molto riconoscente”.

Che cosa non ha funzionato nella campagna elettorale del PD?

“Credo che ci sarà tempo e modo per definire cosa non abbia funzionato, dato che a fronte del risultato è inevitabile e doveroso farlo. Ci sono state difficoltà oggettive e le stesse modalità con cui si è arrivati prima allo scioglimento delle Camere e poi al voto sono state del tutto inedite e già in partenza ci hanno messo in difficoltà. L’idea di costruire un campo largo era corretta, ma sappiamo bene come sono andate le cose. La nostra responsabilità è quella di non essere riusciti a far passare il messaggio, i valori e il programma secondo me ottimo che avevamo messo a punto”.

È solo una questione di linguaggio o anche di contenuti? Insistere sul tasto della paura della destra è stato controproducente?

“A dire il vero, il tasto della paura – paura del futuro, paura del mondo, paura dei diritti, paura di tutto – è stato il cavallo di battaglia cavalcato dalla destra. Personalmente ho partecipato a due dibattiti televisivi e non ho mai utilizzato una sola volta questa argomentazione, a differenza dei miei avversari. Dopodiché, il voto è sempre una scelta e secondo me è stato comunque giusto mettere in chiaro quali delle due visioni del mondo si mettevano a confronto. Una di queste ha vinto, la democrazia è fatta così”.

Basteranno le dimissioni di Letta e il congresso a rifondare il Partito Democratico?

“No, non è questo il punto. Enrico Letta si è fatto carico del Partito Democratico, spendendosi con grande generosità, in un altro momento di difficoltà. Il suo progetto ha ottenuto vittorie e risultati insperati, in tutte le elezioni amministrative e questo ha certamente contribuito a mascherare un po’ i problemi. Io credo che il PD – e in generale tutta l’area di centrosinistra – debba fare i conti con una realtà nuova, con nuove prospettive e nuovi problemi, che necessariamente richiedono anche linguaggi e soluzioni diverse. Questa è una sfida molto complessa, ma che va affrontata con intelligenza e coraggio, al di là del nome del segretario. Se partiamo dai nomi, come sta accadendo, i nostri elettori si allontaneranno ancora di più. Non è davvero quello di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo ridare identità al nostro partito e ricostruire una sinistra che sappia di nuovo interpretare il bisogno di cambiamento della gente. Per essere credibili non servono buoni nomi, ma buone idee e progetti per il futuro”.

Che cosa ha permesso a Fratelli d’Italia di ottenere questo risultato?

“Fratelli d’Italia ha una visione del mondo diametralmente opposta alla mia. Veniamo da anni molto difficili, segnati da una pandemia globale e da tutti i disagi che ne sono conseguiti. In questo arco di tempo c’è stato chi è stato chiamato a governare la situazione e a prendere decisioni e chi invece non ha fatto assolutamente nulla, diffondendo unicamente ulteriore paura, non proponendo alcuna soluzione, ma cavalcando un generale sentimento di malcontento. Questo atteggiamento ha pagato con gli interessi perché le elezioni sono giunte in un momento in cui, invece, ci si avviava a vedere i risultati di tanti sacrifici fatti nei mesi scorsi. E lo capiamo dal fatto che Fratelli d’Italia ha, nei numeri, cannibalizzato ciò che erano Lega e Forza Italia, non a caso le due forze che hanno collaborato e sostenuto il governo Draghi. Questo è un modo di fare politica che non mi appartiene e che non mi apparterrà mai”.

Quanto spesso ti si rivedrà a Correggio?

“Molto spesso, senza alcun dubbio. Ho vissuto otto anni dando tutta me stessa, tutto il mio tempo e tutte le mie capacità per Correggio. Impegno che è stato riconosciuto dai miei concittadini, anche attraverso il voto di domenica. Correggio è la mia città e lo resta”.

Sara Gelli

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