I nuovi casi di mesotelioma da esposizione pregressa all’amianto nella nostra regione è il più alto di sempre. A dirlo sono i numeri pubblicati nel rapporto del Cor-Renam Emilia-Romagna con i dati del Registro mesoteliomi aggiornati al 30 giugno 2022: 161 i casi registrati in regione lo scorso anno, 23 nel modenese e 25 nel reggiano (dal 1996 in Emilia Romagna sono stati rilevati 3.274 casi di mesotelioma, di cui 363 a Modena e 499 a Reggio Emilia). Il mesotelioma maligno è un tumore raro con un tasso di sopravvivenza alquanto ridotto ma di grande interesse scientifico per la documentata correlazione con un’esposizione professionale o ambientale ad amianto e per l’aumento dell’incidenza registrato negli ultimi anni in Italia e in molti altri paesi industrializzati.
In Italia l’amianto è stato messo al bando nell’aprile del 1994, ciononostante, il lungo tempo di latenza tra inizio dell’esposizione e comparsa della malattia, l’allungamento della vita e il miglioramento delle tecniche diagnostiche hanno fatto registrare un aumento dell’incidenza del mesotelioma negli ultimi anni, attualmente ancora in corso. Secondo il portavoce dell’Associazione familiari e vittime amianto Emilia-Romagna Aps, Andrea Caselli, occorrerà aspettare ancora per capire se l’incremento sta portando al cosiddetto picco “di casi riconducibili a esposizioni avvenute negli Anni ’70 e 80 del secolo scorso. La malattia ha un’incubazione molto lunga, tra i 40 e i 48 anni ecco perché i casi sono concentrati spesso in classi di età piuttosto avanzate. Non conosciamo ancora quale sarà l’effetto dell’esposizione all’amianto dopo la messa la bando, lo vedremo tra circa 15 anni”. Nella nostra regione i settori produttivi maggiormente coinvolti nell’insorgenza del mesotelioma sono: costruzioni edili (soggetti distribuiti in maniera uniforme in tutta la regione); costruzione/riparazione di rotabili ferroviari (casi in gran parte residenti nelle province di Bologna e Reggio Emilia); industria metalmeccanica, zuccherifici/altre industrie alimentari (126 dei 161 casi, residenti nelle province di Bologna, Ferrara, Ravenna, Parma, Faenza-Cesena), produzione manufatti in cemento-amianto (101 dei 129 casi residenti in provincia di Reggio Emilia).
In considerazione della sua pressoché totale letalità, questa malattia assume una forte rilevanza sociale: “secondo i dati dell’Inail ogni anno l’incidenza di morti per mesotelioma – ribadisce Caselli – è più alta di quella legata agli incidenti mortali sul lavoro in regione. Ecco perchè è necessario che i comuni si impegnino a fondo per compiere dei censimenti e mappare i loro territori. Quello del Comune di Rubiera è certamente un esempio virtuoso: dopo aver individuato tutti gli immobili contenenti amianto hanno ottenuto ottimi risultati sul fronte della bonifica. In regione però le amministrazioni potrebbero fare molto di più”. Un altro nervo scoperto è rappresentato dallo smaltimento di questo pericoloso materiale: “in Emilia Romagna – conclude il portavoce dell’Associazione familiari e vittime amianto – esistono solo due discariche dedicate, assolutamente insufficienti per smaltire tutto il materiale frutto delle bonifiche della nostra regione. Il materiale in esubero deve viaggiare su ruote per raggiungere altre regioni o altri paesi europei, allungano la filiera e rappresentando un rischio. Il nostro territorio deve essere autosufficiente per poter così accelerare i tempi delle bonifiche”.