Amo i racconti e il motivo è presto detto, mi offrono la libertà di scorrere l’indice col dito e concedermi il privilegio di scegliere da quali pagine partire.
E così ho fatto anche col nuovo libro del carpigiano Gaetano Zanoli, 20 città – Racconti reali e surreali (edito da Il Rio). Venti città, una diversa dall’altra. Raccontate con rara delicatezza. Un itinerario che l’autore tratteggia ripescando dalla mente ricordi. Dettagli. A volte piccoli. Che sbocciano grazie a un odore, una sensazione, una lettera o un incontro di molti anni prima.
Per iniziare questo emozionante viaggio di carta ho deciso di partire da un posto che serbo gelosamente nel cuore, Lampedusa. D’altronde la forza di questo libro è proprio questa, farti dono della possibilità di viaggiare, in lungo e in largo. Di farti riassaporare luoghi che fanno parte di te o, al contrario, di ricordarti quante mete sono ancora lì ad aspettarti. Di quante strade attendono di essere ancora calpestate.
Lampedusa è un tuffo in quell’acqua cristallina, madre e matrigna, che dona e toglie. Il racconto è bellissimo, potente. Denso di contrasti, perché si sa, “Lampedusa è diversa”. Un “pezzo di Sicilia trapiantato su un grosso scoglio geologicamente africano… stesse strade, stessi muretti a secco… stessi sacchetti di pattume appesi a piante indifese o sparsi negli angoli senza padrone, che sono tanti. Stesso mare che ti entra negli occhi e ti esce dall’anima”.
Zanoli racconta il “fragile equilibro” di quest’isola approdo di migranti, dove all’orrore dei morti in mare, si contrappongono i bagni spensierati dei turisti mentre sullo sfondo spicca la Porta d’Europa, “la porta guarda, muta e sola, verso l’Africa” e sulla testa volano e gridano le Berte. E dopo questo “scoglio afritaliano” decido di ritornare a casa, nella città che condivido con l’autore, Carpi, l’ultima città narrata dal libro. E non è un caso poiché questo è certamente il più intimo dei racconti e che prende le mosse da una domanda “Ma tu sei il figlio di quel noto avvocato che negli Anni ’50 fece tanto scalpore…?”. Una domanda a cui Zanoli troverà una risposta attraverso “tesori custoditi in scatole di scarpe e di camicie”. Sullo sfondo lo spettro di una malattia impronunciabile in quegli anni e una città con “una piazza grande grande e con un castello bello bello”. Una piazza a cui manca l’unica figura che Gaetano Zanoli vorrebbe scorgere, “quella di suo padre”.
Nel mio personale itinerario di lettura decido poi di proseguire per Venezia, dietro alla cui “inaspettata e inimmaginata bellezza” si cela “un’inquietante liquida e lentissima putrefazione”, dove incontro un giovane aspirante spazzino che “sa volare”. E poi c’è Torino dove un amato “appartamento comprato dal nonno sessant’anni prima” viene lasciato in eredità a una perfetta estranea. A Bologna un padre intravede il figlio ripercorrere i propri passi anche se “il link spazio – tempo ha ancora qualche sfasatura da mettere a punto”. Roma non può che far rima con la fede: la scopriamo attraverso il lutto di una suorina. Sola dopo aver perso la madre, Candida pregusta il momento in cui entrerà nella piccola cucina e cenerà “con una tazza di latte e tutti quei biscotti, i suoi biscotti preferiti, i biscotti di mamma. Sarà come prolungare la sua presenza…” divertentissimo l’epilogo, un vero inno alla romanità. Tra sacro e profano la risata è assicurata.
Firenze è invece “una Venere allo specchio, dove lo specchio è il vecchio fiume sornione, e le bianche femminee carni sono le facciate dei palazzi sul Lungarno” ed è lì che il protagonista insegue il fantasma di Margherita, alla ricerca di un “antico sentimento non resuscitabile”. E se i boschi di Bolzano uniscono mondi diversi, a New York due alieni si travestono da turisti provando la stessa meraviglia che la Grande Mela suscita in chiunque la visiti, umani compresi ovviamente…
Nella notte praghese un voyer si innamora di una ragazza misteriosa: “mi ero appropriato di lei subdolamente, non era più possibile restituire tutto ciò che avevo rubato e ripartire da zero”.
Delizioso il racconto dedicato a Verona, dove un vecchio geometra combatte, giorno dopo giorno, con un semaforo, una lotta decisamente impari. Rivissuta quotidianamente percorrendo il tragitto verso casa con la sua utilitaria blu “sempre allo stesso orario e seguendo sempre la stessa strada”. Un nemico perennemente rosso e poi improvvisamente scomparso… che fine avrà mai fatto?
“Cercare, sì, ma in fondo poi… perchè trovare?”. È di certo questa la lezione che ci consegna Londra, dove il protagonista vuol ritrovare le cugine di cui ha perduto ogni traccia. Non è forse nel viaggio il vero piacere?
E se Lecce fa rima con la sensualità, con dei corpi che ballano e col desiderio, la Wernigerode della DDR rivela invece la triste faccia del socialismo reale. “Un tuffo totale e improvviso nel passato” dove nell’aria si coglie “un profumo persistente e inebriante di carbone”. Dove la figura un po’ mitica e fiabesca di uno spazzacamino diventa l’attrazione in una città in cui le “vetrine suggeriscono miseria”. O forse è il viaggiatore che somiglia più a una fiaba agli occhi di un ragazzo della Germania dell’Est che ripulisce ogni giorno camini? La fine delle utopie.
E se a Pesaro, tra mare e colline, sono gli Ufo a farla da padroni (ma è poi davvero così?), a Ferrara si fugge dall’incendio del castello in una notte di Capodanno in cui tutto pare essere andato storto, mentre il circo, città itinerante per antonomasia, incanta il pubblico coi suoi numeri, in un misto di meraviglia e nostalgica decadenza. E mentre a Cortina si celebra la bellezza dell’amicizia, i cui legami sanno andare oltre la morte, a Favignana, dove a dividere l’isola, è “un massiccio montuoso di pietra rossa, alle cui pendici si abbracciano i fichi d’India”, è il rito del tonno di mattanza e di quello preso all’amo a essere celebrato, in “un’orgia di visioni gastronomiche”.
Incantevole, e ancora una volta, salto qua e là, il racconto dedicato a Goteborg dove Marie ama restare assorta davanti alla Rosa di Gerico dei Botanical Gardens, “il fiore magico che muore nella stagione secca e risorge con le piogge invernali”. In queste pagine Svezia e Siria si sovrappongono, rigore e orrore vanno a braccetto. “Sotto un velo che non nascondeva la sua mediterranea bellezza” potrà Marie – o Maraam – ricostruirsi una vita come la Rosa di Gerico? Venerdì 3 giugno, alle 18,45, alla Libreria La Fenice, Gaetano Zanoli presenterà il suo libro insieme ad Alessandra Burzacchini. Un libro che consiglio di acquistare per la scrittura scorrevole, per la piacevolezza dei racconti, ma, soprattutto, per compiere un piccolo giro del mondo – o quasi – in 213 pagine.
Jessica Bianchi