Franco Gabrielli, 62 anni, è un civil servant, un uomo che da sempre si è messo al servizio dello Stato. Il suo curriculum è prestigioso: 20 anni di antiterrorismo con inchieste sulle Brigate Rosse; direzione del Sisde; Prefetto dell’Aquila durante il terremoto del 2016; responsabile del Dipartimento della Protezione Civile dove ha operato in Emilia e nel recupero della nave da crociera Costa Concordia arenatasi al Giglio; ancora, Prefetto nella Roma commissariata di Mafia Capitale; Capo della Polizia “la Polizia di Stato è la mia vera casa – dice Gabrielli – gli altri incarichi sono stati di passaggio” e, infine, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la delega alla Sicurezza Nazionale, un incarico per il quale ha dovuto fare – e fa – i conti col Covid e con la guerra russo-ucraina (solo per citare i casi più recenti).
Gabrielli conosce profondamente la storia del nostro Paese dalla metà degli Anni ’80 ai giorni nostri e non si tira indietro nel fare nomi e indicare responsabilità.
Sabato 21 maggio, in occasione del decennale del sisma che colpì l’Emilia, Franco Gabrielli, insieme all’ex Presidente della Regione Vasco Errani, ora senatore, all’attuale presidente della Regione Stefano Bonaccini, del cantante Paolo Belli e del sindaco Alberto Bellelli, ha preso parte a un’iniziativa a Carpi nell’ambito della rassegna Ne Vale la pena, per parlare del suo libro Naufragi e nuovi approdi – Dal disastro della nave Concordia al futuro della Protezione Civile.
“L’ho pensato dieci anni dopo il disastro della nave da crociera Costa Concordia. Una cosa ragionata. Il libro, realizzato con Francesca Maffini, è stata un’esigenza. Tornando sul posto del disastro – spiega Gabrielli – ebbi un brivido. Dovevo raccontare tutto. Il mio vero grande amore è la Polizia di Stato, quella è la mia casa. Parto da lì. E l’essenza è servire, se si fa questo mestiere. E poi la consapevolezza, cuore di qualsiasi approccio. In questo Paese o si esce dai manicheismi o il salto è impossibile. La Pubblica amministrazione ha bisogno di una revisione”.
Naufragi e nuovi approdi è una storia di frizioni e contraddizioni, accordi faticosamente raggiunti, delicati equilibri politici, ostacoli burocratici, mancanza di fondi: frutti, questi, di una visione spesso miope della cosa pubblica che evidenzia i limiti e i parossismi di un sistema in cui prendersi le responsabilità non è più un atto civile, ma un azzardo. Il naufragio è una vera e propria metafora del Paese.
Una riflessione lucida e necessaria su un tema oggi più che mai attuale, quello della gestione delle emergenze nel nostro Paese e del ruolo della Protezione civile, che riporta l’attenzione su uno scenario destinato, nonostante la politica delle buone intenzioni, a ripetersi in forme sempre uguali e poco attente all’interesse della comunità.
Franco Gabrielli forte della sua autorevolezza e dei “gradi” che si è conquistato sul campo, parla chiaro e fa nomi di chi, di fatto, ha smantellato la Protezione Civile all’indomani della guida di Bertolaso.
Per il Sottosegretario Gabrielli è necessario rivedere tutto il sistema della Protezione Civile. “Vorrei raccontare un aneddoto presente nel libro. L’8 aprile del 2005 erano in programma i funerali di papa Giovanni Paolo II e la Protezione civile riuscì in pochi giorni a gestire l’afflusso di milioni di persone a Roma oltre all’arrivo di presidenti e teste coronate da tutto il mondo. Fu un lavoro straordinario, ma fu anche la dimostrazione del fatto che in Italia sia che ci si trovi davanti a situazioni ordinarie o straordinarie; sia che si abbiano a disposizione sette anni, sette mesi, sette settimane o sette giorni, noi ci riduciamo sempre agli ultimi sette giorni. Manca la programmazione. Bravi nelle emergenze e assenti nella programmazione. Il sistema dell’emergenza in Italia così com’è non va. Va revisionato per essere all’altezza delle continue emergenze a cui, purtroppo, il Paese è esposto; da quelle climatiche a quelle umanitarie e sanitarie”.
Nella gestione del terremoto che colpì l’Emilia nel 2012 interviene anche Vasco Errani ribadendo che la crisi è stata superata “perché tutti si sono presi in carico la responsabilità di quanto facevano. Firme che avrebbero potuto mandare sotto accusa decine di sindaci. Con loro abbiamo fatto squadra e dall’altra parte abbiamo trovato una persona straordinaria come Gabrielli che ha saputo andare incontro alle nostre esigenze nonostante le pastoie burocratiche e l’assenza della politica incapace di programmare. In Emilia abbiamo lavorato al confine delle norme”.
Gabrielli ricorda nel libro e lo ricorda ai presenti che “se avessimo dovuto rispettare alla lettera quanto scritto nel Decreto Legge 59, non saremmo mai riusciti a portare soccorso alle popolazioni coinvolte. Un decreto che prevedeva che si anticipassero prima ancora di conoscerle le necessità dell’intervento e che l’emergenza aveva una scadenza, massimo 6 mesi”.
Anche Gabrielli sottolinea come Vasco Errani sia stato decisivo per la considerazione che aveva al Quirinale con il presidente Giorgio Napolitano e per la credibilità costruitasi con il buon governo della Regione.
“Il recupero di quello che era andato distrutto dal terremoto è intanto ormai ultimato. Il 95% è tornato in piedi”, ha ribadito Bonaccini. Il presidente ha voluto sottolineare come quello che è stato fatto fin qui “non è la storia di un eroe che salva il mondo, ma di una comunità che insieme compie una cosa straordinaria” e quindi il lavoro di ripartenza “va ascritto a ogni cittadino di questa terra”.
Vasco Errani, ha rifiutato l’immagine di un’Emilia modello per l’Italia, “perché modello è un concetto statico” ma ha sottolineato come in effetti sia stata costruita “una strada che è certamente stata utile e sarà utile per il Paese. È un patrimonio comune che deve rimanere. Il cammino compiuto in questi 10 anni è stato lungo, difficile, proficuo. Le persone e le aziende non se ne sono andate da qui e la ricostruzione ha anzi reso molti luoghi e spazi più belli, sicuri, moderni”.
“Il lavoro compiuto in questi anni di ricostruzione – ha detto ancora Bonaccini – è stato corale. Forse non esistono simboli che possano tenere insieme tutto questo; ma la cosa che, forse, più vi si avvicina, per me, sono Vasco Errani e tutti i sindaci del 2012: prendendo per mano le proprie comunità, hanno gestito l’emergenza e poi avviato la ricostruzione; sono gli imprenditori e i lavoratori che insieme hanno rialzato i capannoni caduti; sono le famiglie che hanno messo al primo posto le scuole dei propri figli; sono gli operatori dei servizi sociali e sanitari, gli educatori e gli insegnanti che non si sono mai fermati; i dipendenti comunali, che con le case crollate rimanevano in servizio per i propri concittadini. In questo teatro non era possibile farceli stare tutti insieme, ma per me è come se fossero tutti qui”.
Errani evidenza che il primo obiettivo era ricostruire le scuole e poi il tessuto sociale e lavorativo “e credo che i risultati si siano visti”.
Paolo Belli, visibilmente commosso ha raccontato come decise di portare musica e solidarietà nei campi degli sfollati. “C’era una bambina che abita vicino a me che una sera mi chiese, perché non canti qualcosa? Non l’avevo mai vista, ma in quel momento ho capito che anche la musica (forse l’unica cosa che so fare) era importante allora con i miei amici di Rock No War e altri artisti abbiamo incominciato a portare musica, sorrisi e solidarietà. E’ stata un’esperienza che non dimenticherò mai”. Il sindaco Alberto Bellelli ha voluto ribadire che “per tutti gli amministratori si trattò di un’esperienza nuova. Ci siamo dovuti reinventare e abbiamo dovuto prenderci responsabilità importanti perché innanzitutto c’era la comunità. Credo che l’esperienza ci abbia insegnato molto, ma mi ha fatto capire che servono interventi politici seri per permettere in casi di emergenza una ricostruzione veloce, sicura e con una burocrazia che permetteva di assumere i dipendenti che servono per dare risposte alle crisi”.
Nel suo libro Gabrielli prende ad esempio e cita il filosofo Zygmunt Bauman che ha coniato il termine Retrotopia. “Siamo un Paese che vive un eterno presente perché illuso da un passato idealizzato e spaventato da un futuro che non sa né dominare, né governare. L’esperienza della Concordia fu un tentativo di dimostrare che a quella maledizione si poteva sfuggire. E nel libro che ho scritto se ne possono cogliere le ragioni”.
Per dare risposte a un Paese che vive quotidianamente delle emergenze è fondamentale “ritornare ai dettami della legge 225 del 1992, quella che istituì la Protezione civile, perché la protezione civile risponde alla domanda: dimmi come affronti un’emergenza e ti dirò chi sei”.
Tornando all’attualità, Franco Gabrielli ha poi sottolineato come ci siano pericoli ai quali bisogna dare risposte urgenti come nel campo della sicurezza cybernetica “Ma come sempre il tema dovrebbe essere più ampio. Bisogna avere un’idea complessiva del Paese. La politica deve dire dove vuole andare. Non serve fare una riforma qua, una riforma là, se non ha un’idea di Paese. Finita la pandemia o la guerra avremo altre emergenze e dovremo essere pronti ad affrontarle. Vorrei fare un esempio per chiudere. Se noi abbiamo sempre la necessità di avere un Commissario per tutto vuol dire che le strutture ordinarie non sono più in grado d’intervenire, perché spesso non è chiaro il ruolo che devono svolgere”.
Quella carpigiana, con i volontari della Protezione Civile in prima fila, é stata l’occasione per guardare all’Italia delle perenni emergenze; un’Italia che si fa sempre trovare in bilico e che troppo spesso si affida all’italico “stellone” per uscirne più o meno indenne.
P.Sen.