La guerra colpisce duro anche la moda made in Carpi

Un’altra tegola si è abbattuta sul comparto moda. Dopo i durissimi colpi assestati dalla pandemia e dai rincari su trasporti ed energia, ora la aziende devono fare i conti anche con le sanzioni imposte alla Russia. “Noi siamo resilienti - spiega l’imprenditrice carpiagiana Tamara Gualandi - quello della moda è un settore che ha attraversato innumerevoli crisi. Ci stiamo attrezzando per affrontare anche questa ma oggi per lavorare si tribola moltissimo”.

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Tamara Gualandi

Un’altra tegola si è abbattuta sul comparto moda. Dopo i durissimi colpi assestati dalla pandemia e dai rincari su trasporti ed energia, ora la aziende devono fare i conti anche con le sanzioni imposte alla Russia e, in particolare, con la pesantissima esclusione di alcune banche russe dal sistema Swift. La loro estromissione dal sistema di pagamenti elettronici internazionali ricade infatti su aziende e privati che a loro volta non possono più effettuare transazioni nel mondo e, questo, ammette la carpigiana Tamara Gualandi, titolare di Donne da Sogno, il cui fatturato è per un terzo determinato dall’export verso la Russia, “è un problema molto grave”. 

Quando lo scorso 24 febbraio Putin ha inviato le sue truppe a invadere l’Ucraina, “avevamo tutto pronto, la merce restante dopo le spedizioni di gennaio, per la Primavera – Estate, doveva solo essere inviata. Oltre 100mila euro di capi fermi in magazzino”. Ora qualcosa sta lentamente cambiando: “pian pianino – prosegue l’imprenditrice – abbiamo iniziato a spedire qualcosa ma il problema maggiore è quello dei pagamenti. I clienti faticano a fare i bonifici ma qualcuno si sta organizzando per utilizzare altri sistemi o appoggiarsi a istituti bancari piccoli e non sottoposti alle sanzioni”. In quei giorni terribili di febbraio, spiega, “noi eravamo alla fiera di Mosca, la CPM, e avevamo venduto discretamente bene ma una volta rientrati a casa abbiamo infilato tutti gli ordini della collezione Autunno – Inverno in un cassetto pensando di non tirarli più fuori, per non rischiare. In questi giorni però iniziano ad arrivare le conferme di alcuni ordini e, non appena riceviamo gli acconti, li mettiamo in produzione. Siamo consci di correre un rischio: se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente infatti i clienti non riusciranno a ritirare e a saldare la merce ma abbiamo messo in conto il rischio d’impresa”. 

Per tentare di chiudere la falla e ridurre le perdite legate ai mancati introiti sul mercato russo, “io, così come molti altri miei colleghi, stiamo cercando mercati alternativi. E’ dura, certo, ma non possiamo certo restarcene qui con le mani in mano ad aspettare”. 

A doversi scontrare con gli ostacoli maggiori sono però i brand del lusso: “a causa delle sanzioni – spiega Gualandi – ogni capo che costa più di 300 euro viene bloccato in dogana, di conseguenza le firme hanno dovuto interrompere le spedizioni. Molti negozi di lusso hanno chiuso i battenti perchè non riuscivano più a ricevere la merce e questo ha favorito quegli esercizi che vendono brand meno famosi ma di qualità. La richiesta c’è, cerchiamo di essere fiduciosi”.

Il conflitto rende tutto più complicato, “noi mandiamo tutto in Lituania dove è presente il nostro distributore il quale a sua volta spedisce in Russia ma la merce impiega molto più tempo ad arrivare a destinazione poiché sono cambiati gli itinerari con un inevitabile aggravio di costi”. Le spese legate ai trasporti, unitamente ai rincari sull’energia stanno diventando insostenibili: “luce e gas stanno mettendo tutti in ginocchio. La spesa per riscaldare il capannone si è quintuplicata! Cerchiamo di resistere nella speranza che questa bolla speculativa si sgonfi in caso contrario il rischio è che salti tutto e non solo nel nostro settore”. Un altro nervo scoperto è rappresentato dalle materie prime, non solo più care ma anche difficili da reperire: “ogni giorno facciamo i conti con ritardi nelle consegne e con materiali da sostituire perché non disponibili seppur ordinati con mesi di anticipo. Il nostro è un mondo fatto di creatività e ingegno, se non ti arriva la pezza di tessuto di un determinato colore ne proponi un altro al cliente ma si tribola. Lavorare oggi è diventato davvero complesso e logorante”. E intanto la congestione marittima nel porto di Shanghai, il più grande al mondo per volume di container,  a causa del rigido lockdown imposto dal governo cinese per contrastare la nuova ondata di Covid, combinata con la guerra in Ucraina, rischia di scatenare un’altra ondata di caos sulle catene di approvvigionamento a livello globale. Gli effetti per l’Europa e l’Italia si vedranno nelle prossime settimane, quando alcune produzioni dovranno interrompersi, molti cantieri fermare i lavori e tanti consumatori rinunciare a beni di cui non si troverà traccia nei supermercati.

“Noi siamo resilienti – conclude Tamara Gualandi – quello della moda è un settore che ha attraversato innumerevoli crisi. Ci stiamo attrezzando per affrontare anche questa”.

Jessica Bianchi 

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