Sul bellissimo e ampio mercato dell’usato che si teneva nella zona fieristica di Carpi è calato il sipario lasciando la nostra città a bocca asciutta. Qualcuno sussurra che la sua fine sia stata decretata dalla levata di scudi da parte dei commercianti cittadini ma, spiega il vice sindaco Stefania Gasparini, “i mercatini del riuso tradizionalmente intesi, perlomeno sulla carta, non dovrebbero più esistere dopo i correttivi stabiliti dalla Regione Emilia Romagna con una normativa ad hoc. La Delibera di Giunta Regionale n. 2064 del 2019 (che ne ha disapplicato una risalente al 2014) rileva come successivamente all’introduzione del concetto di riuso, si sia assistito a una crescente diffusione sul territorio regionale di nuove tipologie di mercatini su aree pubbliche, caratterizzate da una regolamentazione meno stringente di quella prevista per il commercio su aree pubbliche, a seguito di un’interpretazione estensiva e un’applicazione impropria della citata delibera del 2014, che hanno determinato un uso distorto di tali manifestazioni. Probabilmente in alcuni comuni più piccoli si sta ancora ignorando la norma ma le indicazioni sono chiare, questi mercati devono essere maggiormente regolamentati e trasformati in esposizioni di hobbisti”, ovvero operatori non professionali del commercio che vendono, barattano, propongono o espongono, in modo saltuario e occasionale cose usate o nuove.
Possono operare solo nei mercatini aperti alla partecipazione degli hobbisti e solo se in possesso di un tesserino identificativo rilasciato dal Comune di residenza oppure dal Comune capoluogo della Regione Emilia Romagna per coloro che risiedono in altre regioni. “Tesserino che – prosegue l’assessore Gasparini – consente trenta appositi spazi per la vidimazione, di cui dieci per la partecipazione a mercatini degli hobbisti e venti per la partecipazione a mercatini storici con hobbisti. Il tesserino identificativo ha validità di un anno ed è rilasciato per non più di una volta all’anno per nucleo di residenti nella stessa unità immobiliare e per un massimo di quattro anni, anche non consecutivi; tale tesserino, il cui rilascio è soggetto al pagamento di una somma pari a 100 euro, non è cedibile o trasferibile ed è esposto, unitamente all’elenco della merce in esposizione, durante la manifestazione in modo visibile e leggibile al pubblico e agli organi preposti al controllo. I Comuni che organizzano le manifestazioni prima dell’assegnazione del posteggio, procedono obbligatoriamente alla vidimazione, con timbro e data, di uno degli appositi spazi del tesserino. Anche nell’ipotesi in cui la gestione delle manifestazioni sia affidata a soggetti diversi, il controllo e la vidimazione spettano al Comune ospitante, che ne stabilisce le modalità operative”.
Ciascun hobbista dovrà poi consegnare al Comune, in occasione della vidimazione del tesserino, l’elenco completo dei beni che intende vendere, barattare, proporre o esporre e il relativo prezzo (non possono vendere più di un oggetto con un prezzo superiore a 250 euro e il valore complessivo della merce non può essere superiore a mille euro). Dietro l’angolo per chi non rispetta le regole vi sono ovviamente multe salate. E se commercianti e ambulanti gioiscono, per gli hobbisti questo cambio di passo rappresenta un boccone a dir poco amaro da digerire.
Lo spirito della legge regionale, arrivata dopo le numerose sollecitazioni delle associazioni di categoria dei commercianti, è senza dubbio quello di mettere un freno all’abusivismo ma il rischio è quello di affossare del tutto il settore del riuso, perlomeno di quello all’aperto. Una tabula rasa che non compromette solo le entrate – limitate ammettiamolo – degli hobbisti, ma rende la vita difficile anche agli amanti di modernariato e collezionismo ai quali non resterà che andare per “negozi del riuso” o fare un viaggetto in Rete.
Jessica Bianchi