Bucamante, cotto e mangiato

La rubrica di Bruno Pullin, Sentieri Minini, questa settimana ci porta alla scoperta dell’anello del Bucamante. Un'idea per una passeggiata in questo weekend di sole.

0
1993

E’ una domenica mattina. Fuori c’è un po’ di nebbia e la macchina è coperta di brina. Sono due giorni che non vedi il sole e le uniche attività che hai potuto fare sono dei mini-giri serali ai laghetti di Campogalliano, talmente soliti che li potresti fare a occhi chiusi e infatti non hai nemmeno usato la torcia frontale, nonostante il buio. Ieri un bel po’ di amici hanno pubblicato fotografie di montagne con il sole, ciaspolate sulla neve, giri con il cane sotto un cielo blu. Dopo la colazione scambi uno sguardo con la moglie e le chiedi se le va di fare un giretto a piedi in collina. Un classico Sentiero minimo. Di quelli che in poche ore sei di ritorno a casa. La risposta è di quelle che ti piacciono “Ho già pronti i cannelloni: sono solo da mettere un po’ in forno. Altrimenti se stiamo a casa c’è da fare …” e parte la lista dei lavori. Prooooonti, via!

Detto fatto: si va a fare un giro che dev’essere davvero vicino e di breve durata. Quindi niente di meglio dell’anello del Bucamante che vogliamo condividere con voi. Innanzitutto la macchina si lascia a Granarolo, minuscola frazione di Serramazzoni che si raggiunge svoltando a sinistra dalla Nuova Estense (per i neo-modenesi come me è la strada veloce e con tanti autovelox che porta a Pavullo), poco prima di Riccò. Dal parcheggio posto davanti all’ex cimitero parte il sentiero o meglio i sentieri. Infatti c’è il sentiero “basso” dedicato a Odina, la nobile fanciulla innamorata ma con i genitori che non gradivano, per questioni di censo, che lei frequentasse Titiro, pastorello locale. Insomma una versione locale di Giulietta e Romeo che si trova pressochè in tutte le valli e le lande d’Italia. Il sentiero più alto è dedicato appunto a Titiro e da qui torneremo al rientro.

Dopo aver fatto stretching (che nel mio caso consiste nel “trafficare” sul cellulare mentre la gentile signora, diplomata ISEF, fa degli esercizi che normalmente impegnano gli atleti prima di entrare in pedana nel corpo libero della finale olimpica) ci avviamo. Notiamo subito una grande abbondanza di cartelli e tabelloni, segnaletiche classiche bianco / rosse e altre bianco / azzurre, frecce e scritte varie. Per me questo è un pessimo segnale. Un mio teorema dell’escursionismo è “Se ci sono tanti cartelli dove non servono, allora mancheranno dove servono”. E infatti anche oggi il teorema, come vedremo, è stato dimostrato.

Fatte poche centinaia di metri la stradina ha un bivio. Le scritte sull’asfalto con vernice spray blu dicono “cascate a sinistra” e aggiriamo una sbarra con cartelli di divieto di accesso e una cassetta delle lettere, chiaro segno di proprietà privata, per incamminarci in leggera discesa. Al primo tornante a sinistra della strada prendiamo il sentiero che prosegue diritto. A questo punto non possiamo più sbagliare anche se vi sono molte deviazioni a sinistra per “particolarità” quali prese d’acqua, massi isolati, antiche condotte, ponticelli in legno, punti ristoro…

Vale la pensa di staccarsi dal sentiero che sta sempre sul medesimo lato della valletta per avvicinarsi al torrente e vedere da vicino le cascate e i punti segnalati. Vi sono alcuni tratti in cui il terreno è scivoloso e anche in questo caso vi raccomandiamo di avere dei bastoncini, oltre che scarpe adatte alla stagione e con una buona scolpitura della suola. Dopo tante cascate e cascatelle arriviamo al termine dove c’è il salto maggiore, pari a circa 20 metri, distinguibile dagli altri per l’alta parete a strati colorati. E’ la cascata principale ma in genere anche quella meno ricca d’acqua essendo la più a monte. Saliamo sempre dallo stesso lato per un tratto abbastanza ripido con indicazione Monfestino su cartello giallo molto grande ma, volendo noi andare verso il Monte Cornazzano, appena arrivati in un tratto piano del bosco giriamo a sinistra fino a passare proprio sopra alla cascata del Bucamante. In pratica siamo nel punto in cui, secondo la leggenda, Odina e Titiro si gettarono abbracciati dando il nome al luogo. Seguiamo a mezzacosta la traccia di sentiero che adesso ha delle indicazioni bianche/azzurre su alcuni sassi sino ad arrivare al punto che trovo più spettacolare di tutta la zona: una serie di piccole piscine si susseguono dall’alto verso il basso a formare una gradinata d’acqua con bordi in travertino come se ne vedono in alcune località termali della Toscana. Superiamo il ponticello e proseguiamo sul sentiero fino a un bivio. Qui per andare verso Monfestino, che è alla destra, abbiamo logicamente preso il sentiero a destra (segni ora bianco / rossi sugli alberi ma nessun cartello – e si conferma il teorema!) fino a trovare una robusta recinzione che occupa tutto il sentiero. Non volendo tornare indietro al bivio precedente ed essendo tutta la proprietà di fianco ulteriormente recintata con rete metallica con cartelli intimidatori, abbiamo aggirato a monte l’ostacolo e poi abbiamo costeggiato la recinzione. Dopo un centinaio di metri ci siamo allontanati un po’ dalla recinzione e salendo leggermente da un prato, proseguendo in un leggero senso antiorario, siamo prima arrivati a una carrareccia forestale e poi ad una strada inghiaiata delimitata da siepi e con alcune roveri di notevoli dimensioni. Prendiamo a destra, con la strada che svolta poco dopo a sinistra fino a giungere a Ca’ Alfieri, vicino al borgo di Cornazzano, in corrispondenza di un’azienda agricola con i cavalli. Il più è fatto perché a questo punto prendiamo la strada sterrata sulla destra e non la abbandoniamo più, trascurando le varie indicazioni che troviamo man mano a sinistra e soprattutto a destra. A un certo punto la strada che prima era ai margini del bosco e orlata da un filare di querce si sposta ai margini di un prato. E’ un “trucco” che ci serve a farci ammirare la vallata verso il Cimone. Poco dopo la strada rientra al margine del bosco e sempre con le vette più alte dell’Appennino a sinistra e il castello di Monfestino nel “mirino” alla destra proseguiamo sino ad incrociare la strada asfaltata (via Monfestino) subito dopo una piccola chiesa. Prendiamo la strada asfaltata a destra e dopo aver superato una borgata di seconde case a schiera si arriva a Monfestino. Il castello è di proprietà privata, quindi normalmente chiuso e ci dobbiamo accontentare di guardarlo da fuori e di goderci il panorama. Se la fontana non è ghiacciata nella piazzetta si trova il secondo punto acqua (il primo è a Granarolo, sulla strada appena prima del parcheggio). In inverno non è rilevante ma se fate questo giro in estate la fontanella, oltre che non ghiacciata, è preziosa. Prendiamo la strada sotto la chiesa svoltando subito a gomito in modo da passare esattamente sotto il lato est del castello. Scendiamo sino ad un gruppo di case dove la particolarità è la pista (leggasi: prato in discesa) per il decollo dei deltaplani, attorno al quale dobbiamo girare. Dopo di che teniamo il sentiero 478 per tornare alle cascate ma se non vogliamo arrivare di nuovo sino al torrente prendiamo al secondo bivio a destra ed a quello successivo a sinistra per rientrare sul tratto finale del sentiero Titiro fino alla macchina.

Giro sui 9 km che con le pause, le foto e le deviazioni, richiedono sulle due ore e mezza / tre. Partiti alle 9.00 da Carpi alle 13,30 eravamo a tavola con i cannelloni nel piatto. Buon appetito!

INFORMAZIONI

Località: Granarolo, Cascate del Bucamante, Cornazzano, Monfestino, Granarolo

Partenza da: Via Granarolo, Granarolo di Serramazzoni (MO)

Percorso: sentiero 480 ODINA per le cascate, poi via Cornazzano, via Monfestino poi per scendere sentiero 478 quindi sentiero TITIRO.

Lunghezza: 9 km con dislivello +380 m / – 380; 80% su sterrato e 20% su strada asfaltata pressochè senza traffico.

Durata: circa 2.5 ore incluse le pause

clicca e unisciti al nostro canale whatsapp
clicca e unisciti al nostro canale whatsapp
clicca e unisciti al nostro canale whatsapp