Stop alle aggressioni al personale sanitario

Complice la pandemia, i pazienti “difficili” e le situazioni critiche sono divenuti sempre più frequenti tanto che il rischio per medici, infermieri, professioni tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e Oss di subire minacce e atti di violenza è diventato un pericolo tutt’altro che remoto.

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Si prendono cura di noi con spirito di abnegazione, professionalità e impegno. Eppure, gli episodi di aggressioni fisiche o verbali in ospedale o sulle ambulanze ai danni di operatori sanitari continuano a moltiplicarsi. Complice la pandemia, i pazienti “difficili” e le situazioni critiche sono divenuti sempre più frequenti tanto che il rischio per medici, infermieri, professioni tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e Oss di subire minacce e atti di violenza è diventato un pericolo tutt’altro che remoto.

Il 12 marzo si celebra la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, istituita dal Ministero della Salute, per sensibilizzare la cittadinanza circa questo odioso fenomeno. Tra le numerose iniziative in programma vi è anche il convegno Pensa(ci) Bene – Fermiamo la violenza contro gli operatori sanitari, convegno organizzato dai vari ordini delle professioni mediche che si terrà sabato 12 marzo, a partire dalle 10, presso l’Aula Magna Pietro Manodori di Unimore a Reggio Emilia. Tra i relatori vi è anche Massimiliano Contesini, presidente dell’Ordine dei tecnici sanitari di Radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e prevenzione di Modena e Reggio Emilia a cui chiediamo:

Il fenomeno della violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari si è acuito nel corso del tempo?

“Il fenomeno si è certamente acuito negli ultimi anni e in particolar modo durante la pandemia quando tutto il sistema sanitario e l’utenza hanno dovuto fare i conti con un fortissimo stress. L’aggressività manifestata da alcuni No Vax invece è stata del tutto episodica e non rappresenta che una parte di un fenomeno ben più complesso e articolato”.

Perchè nascono a suo parere tali manifestazioni violente?

“Io sono convinto che la violenza, verbale o fisica che sia, nasca da una cattiva informazione dell’utenza. Troppo spesso infatti i cittadini utilizzano canali impropri, come la Rete ad esempio, per informarsi, traendo poi conclusioni scorrette”.

Quali sono gli operatori maggiormente a rischio?

“Certamente chi opera in prima linea, come i professionisti sanitari e gli operatori socio-sanitari di Pronto Soccorso e ambulanze, sono maggiormente esposti ma anche chi lavora nelle strutture di assistenza, nei reparti di degenza o nella sanità privata non è esente da tale rischio. L’aggressività infatti è del tutto trasversale e, alle volte, certe escalation di violenza verbale si consumano in reparti di lungodegenza o persino in ambulatori dedicati a visite programmate”.

Può darci dei numeri per comprendere la dimensione del fenomeno su Modena e Reggio? 

“Gli Ordini non hanno un database rispetto alle denunce (che, è bene ricordarlo, rappresentano la punta dell’iceberg) a noi infatti giungono soltanto delle segnalazioni informali relative a singoli episodi di violenza. Da gennaio però il Ministero della Salute ha istituto un Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie e, pertanto,  anche noi saremo chiamati, insieme alle Aziende Sanitarie, a creare una banca dati per effettuare così un monitoraggio attento e puntuale”.

Cosa pensa sia necessario fare in termini di prevenzione per salvaguardare l’incolumità dei sanitari?

“Un ruolo attivo di estrema importanza lo rivestono senza dubbio le aziende sanitarie a cui è affidato il compito di organizzare al meglio gli ambienti di lavoro. Luoghi che devono mettere al centro la persona e le sue esigenze. Il paziente deve sentire di essere accolto e preso in carico. Gli ordini dal canto loro promuovono momenti di formazione per i sanitari relativi alla gestione dei conflitti e dell’escalation degli episodi di violenza per apprendere le cosiddette tecniche di descaling, così come corsi specifici tesi ad aiutarli ad affrontare lo stress e il burn out lavorativo”.

Crede che l’istituzione di una Giornata ad hoc possa essere utile?

“E’ certamente una importante occasione di informazione per la cittadinanza. Tutti devono comprendere che i professionisti della sanità compiono un lavoro nobile, di cura, e che mettono al centro del proprio operato i pazienti. Sono persone che annientano le proprie esigenze per anteporvi quelle del prossimo. Credo che l’educazione dei cittadini/utenti debba partire proprio da questo: di fronte a loro non hanno né angeli né nemici, bensì persone come loro che fanno il proprio dovere per il bene degli altri con etica e deontologia”.

I NUMERI DELLA VIOLENZA NEL MODENESE

Negli ultimi due anni, in concomitanza col diffondersi dell’emergenza Covid, l’andamento degli episodi ha visto dapprima un calo, dovuto alle minori occasioni di visite in presenza nelle strutture sanitarie, e successivamente un aumento, anche a causa del protrarsi di una situazione pandemica che ha pesato ulteriormente sulle persone.

Nel 2021 in Azienda Ospedaliero Universitaria si sono verificati 151 episodi di violenza rilevati sia tramite specifiche segnalazioni, sia dai verbali relativi agli interventi del Servizio di Vigilanza Interna. Di questi la maggior parte (80) si sono verificati in Pronto Soccorso (nel 2020 furono 97 e nel 2019 furono 58). 19 casi vengono dall’area psichiatrica e dipendenze (30 nel 2020 e 28 nel 2019) e 52 dalle altre aree (da quella medica a quella ambulatoriale; furono 32 nel 2020 e 61 nel 2019). Il numero degli episodi di violenza rilevati risulta inferiore, anche se di poco, a quello del 2020 (159 casi totali), ma in lieve aumento se paragonato a quello del 2019 (147 casi).

In Ausl si sono registrati un totale di 93 casi nel 2021, in progressivo calo rispetto al 2019 e al 2020, quando furono rispettivamente 136 e 105. L’anno scorso i casi verificatisi in Pronto Soccorso furono 13 (10 nel 2020 e 12 nel 2019) e quelli in area psichiatrica 38 (60 nel 2020 e 82 nel 2019). Nelle restanti aree si parla di 42 casi (35 nel 2020 e 42 nel 2019).

L’Ospedale di Sassuolo SpA ha contato 7 casi nel 2021 (prevalentemente in area medica), 8 nel 2020 (2 in Pronto Soccorso e 6 nelle altre aree) e 9 casi nel 2019 (5 in Pronto Soccorso e 4 nelle altre aree). 

Va precisato che questi dati rispecchiano le segnalazioni ufficialmente pervenute agli uffici competenti e non includono tutti gli episodi effettivamente accaduti, che possono manifestarsi con modalità e livelli anche molto diversi tra loro. Anche per questo le Aziende si impegnano costantemente nel promuovere nei propri operatori la consapevolezza dell’importanza di segnalare gli episodi.

Chi ha paura lavora male. “Quello della violenza, fisica o verbale, è un problema molto sentito dai lavoratori della sanità e noi sindacati riceviamo spesso segnalazioni che dimostrano un clima inaccettabile per chi deve assistere e curare i cittadini” dichiara Alfonso Bracigliano, sindacalista della Cisl Funzione pubblica Emilia Centrale.I dati confermano che il fenomeno ha superato il livello di guardia. Servono efficaci misure anti-aggressione a tutela degli operatori sanitari. Apprezziamo le azioni di contrasto messe in campo negli ultimi anni, ma evidentemente non bastano. Le aziende sanitarie, la cui missione è garantire il benessere fisico, psichico e sociale dei cittadini, hanno lo stesso dovere nei confronti dei propri dipendenti”.

Jessica Bianchi 

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