Dopo 43 anni e 4 mesi di onorato servizio, il dottor Tiziano Cadioli appende il camice al chiodo e va in pensione.
Dottor Cadioli, ha esercitato dal 1978 ad oggi, portando avanti la tradizione di famiglia, cosa le mancherà maggiormente della professione medica?
“Il contatto medico-paziente-famiglia, il partecipare alla storia clinica e personale dei pazienti seguendo le loro vicende di salute e di malattia nel corso degli anni, è sempre stata la parte più gratificante del mio lavoro.
La costanza del rapporto e la fiducia si rinforzano nel tempo e si diventa amici. Tu, medico, entri nelle case, partecipi a momenti di gioia, di crisi, di angoscia e di lutto delle famiglie, ma anche al conforto che deriva dalla condivisione di queste situazioni. Ti trasformi via via in psicologo, consulente matrimoniale, sindacalista, patronato, confessore e a volte persino consulente informatico o telefonico. Molto gratificante è anche l’attività tutoriale nei confronti dei medici in formazione. I ragazzi sono molto preparati ed escono dall’Università con un bagaglio tecnico e di conoscenze di livello veramente alto. La medicina generale, però come già ho detto, non è solo tecnica. L’attività sul campo, affiancati da una guida più esperta, permette ai giovani professionisti di acquisire dimestichezza nel rapporto col paziente e con la sua famiglia, perfezionando quelle doti di empatia e di umanità che devono necessariamente accompagnarsi alle conoscenze tecnico-scientifiche.
L’attività di tutor per conto dell’Università degli Studi di Modena e Reggio e della Regione Emilia Romagna è stata fonte di tanta soddisfazione. Spero ( e credo ) di avere dato ai miei giovani colleghi le giuste basi per affrontare il difficile lavoro del medico di famiglia, così come loro hanno portato a me freschezza, nuove idee, nuove conoscenze e quelle abilità informatiche che per me sono sempre state un osso duro.
Importantissima è stata l’esperienza della medicina di gruppo che, con alcuni colleghi, abbiamo portato avanti dal 1992, con l’aiuto e l’integrazione con personale di segreteria ed infermiere professionali e l’esperienza della cooperativa di medici di famiglia Meditem, una delle prime in Italia. Queste innovative esperienze hanno sempre trovato il favore e la collaborazione di funzionari dell’Ausl che hanno creduto nelle nostre idee di organizzazione ed efficienza della medicina di famiglia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale”.
Cosa si sente di dire ai suoi numerosi assistiti?
“Tanti pazienti mi hanno manifestato la loro stima in questo momento, ma credo che l’espressione più grande sia stata quella di avermi scelto e mantenuto come medico di famiglia per tanti anni. Molti ci hanno tenuto a ribadire “sono stato il suo primo paziente!” (ed effettivamente tanti sono stati legati a me dal 1978-’79 ) e i più anziani hanno aggiunto “e poi prima di lei ero cliente di suo padre” facendo riferimento a una tradizione di famiglia nella medicina di famiglia che è durata 70 anni. Grazie di cuore ai miei pazienti, ai colleghi del gruppo In Team, alle collaboratrici di studio e alle infermiere che si sono alternate in questi anni col loro indispensabile e delicato lavoro”.
I medici di base scarseggiano, i giovani preferiscono carriere in corsia. Qual è a suo parere il valore aggiunto del medico di medicina generale?
“Gli ultimi periodi, funestati anche dalla pandemia, purtroppo sono stati terribili per la nostra attività. Affrontare il disorientamento e la paura della gente di fronte a notizie incontrollate, spesso contraddittorie e provenienti da più parti è stato veramente imbarazzante e frustrante. Al di là di questi aspetti contingenti, comunque, negli ultimi anni anche il “dottor Google” ci ha messo del suo. Meglio affidarsi sempre al professionista che ti conosce e in cui riponi fiducia per fare scelte importanti nel campo della salute: il tuo medico di famiglia”.
Jessica Bianchi