Attention! Trois, deux, un… Per anni i Giochi senza frontiere – andato in onda dal 1965 al 1982 e dal 1988 al 1999 – hanno tenuto incollate al piccolo schermo milioni di famiglie desiderose di vedere le imprese “simil sportive” e assai divertenti in cui dovevano cimentarsi le squadre partecipanti, provenienti dai vari paesi europei. I Giochi senza frontiere erano una sorta di olimpiadi dove ogni nazione era rappresentata, in ciascuna puntata, da una diversa città che sfidava in prove alquanto bizzarre quelle delle altre nazioni sotto l’occhio vigile (dal 1966 al 1982) degli storici arbitri svizzeri Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi.
Quel che non tutti sanno però è che anche Carpi partecipò a un’edizione dei giochi nel 1972 come ricorda una delle concorrenti, l’ex bancaria, ora in pensione, Claudia Barbieri.
“Quando ero piccola fui scoperta come talento dell’atletica in colonia”, sorride Claudia. “Avevo solo dodici anni ma il salto in lungo e quello in alto, così come la corsa a ostacoli, erano il mio pane, vincevo tutte le gare… per questo mi sono allenata per anni alla Patria. Non ricordo chi ebbe l’idea di far partecipare una squadra di giovani della nostra città ai Giochi ma venne un selezionatore da Roma che esaminò una rosa di candidati e scelse la composizione definitiva dei concorrenti, una quindicina circa”.
Tra loro anche Massimo Ariani, Milo Pacchioni, Fabio Bellelli, Claudio Malavolti, Omero Luppi e Claudia Barbieri: “oltre a me venne scelta anche un’altra ragazza, Rossella, ma la rappresentanza femminile carpigiana era troppo scarsa e quindi il selezionatore pescò alcune giovani pallavoliste di Modena per affiancarci. Io avevo solo 16 anni e mio padre non voleva che partecipassi, a convincerlo fu l’ex sindaco Onorio Campedelli: una sera bussò alla nostra porta e mio padre cedette”. I giochi erano segreti e non si conoscevano le prove: “sapevamo soltanto che le carte vincenti erano la velocità, la forza e l’agilità”, prosegue Claudia. “Ci allenavamo dentro alla palestra di via Ugo da Carpi. Ricordo che c’era un caldo bestiale ma che non potevamo esercitarci all’esterno perchè tutto doveva svolgersi col massimo riserbo, in caso qualcuno ci spiasse… a ripensarci, rido ancora”.
Il giorno della partenza la squadra venne dotata di una divisa, “sembravano la nazionale di calcio”. Mascotte alla mano, un fantoccio con una simpatica parrucca rossa in testa, ragazzi e accompagnatori raggiunsero Westerland, sull’Isola di Sylt, nel nord della Germania, per cimentarsi nella competizione.
“Il gioco che feci io – ride Claudia – era pressoché impossibile. Eravamo in quattro, posizionate su un tappeto quadrato a cui le nostre scarpe erano state attaccate. L’obiettivo era quello di saltare in modo sincronizzato e riuscire così a raccogliere delle medaglie di cartone. Insomma dovevano saltare tutte insieme come dei canguri ed eravamo sempre per terra… Fu una prestazione tremenda ma come squadra non arrivammo ultimi anche se ci andammo vicini”. L’avventura sull’isola non durò che una manciata di giorni ma, conclude Claudia Barbieri, “al termine dei Giochi ci fu una grande festa per salutare tutti. Non dimenticherò mai quella sera. Avevo sedici anni, avevo visto solo Cattolica e Pievepelago, per me essere lì, in mezzo a giovani di tutta Europa fu un’esperienza intensa e meravigliosa. Ricordo il sole che non tramontava prima delle 22, il vocio in innumerevoli lingue… fu davvero bellissimo”.
Jessica Bianchi