Dopo aver invaso le città del Nord Europa le biciclette da trasporto hanno cominciato a diffondersi anche da noi. Nelle grandi città sono sempre più usate dai corrieri, ma anche per i servizi di consegna a domicilio, logistica e street food. Mezzi apprezzati anche dai genitori che nella praticità delle cargo bike hanno trovato la maniera perfetta per spostare rapidamente la famiglia in maniera ecologica.
Ed è proprio con la paternità che a Marco Casalgrandi, 38 anni di Carpi, disegnatore meccanico qualificato, è germogliata l’idea di realizzare la prima cargo bike da cui è nato tutto il progetto come ha raccontato: “quando la mia compagna è rimasta incinta di nostra figlia, ho deciso di provare a costruirmi una cargo bike tagliando una vecchia bicicletta, e quando mia figlia ha compiuto due mesi ho iniziato a portarla in giro per la città.
Sentendo il bisogno di passare più tempo con lei e non potendo usufruire del part-time nell’azienda in cui lavoravo, ho deciso di licenziarmi consapevole del fatto che il mio curriculum era abbastanza spendibile nella nostra zona, ma non c’è stato bisogno di trovare un nuovo impiego perché, nel frattempo, ho conosciuto due ragazzi, Eros e Giulio, che avevano costruito anche loro delle cargobike e con cui ho iniziato a collaborare. Negli ultimi anni si sono aggiunti Erik e Cristian. Abbiamo partecipato alla prima fiera a Bergamo da cui sono arrivati i primi ordini e da lì è partita l’avventura con la creazione del marchio, la scelta dell’officina e la realizzazione dei primi modelli firmati Officine Recycle”.
Come sono fatte le vostre cargo bike?
“Le nostre cargo bike sono fatte su misura. Siamo gli unici sul mercato a lavorare in questo modo e molti ce le ordinano proprio per questo motivo: perché vogliono usare una bicicletta comoda e adatta alla loro fisicità. Infatti, è differente guidare la bicicletta se si è alti 1,90 mt oppure 1,50 mt. Ci siamo ispirati alla linea dei telaisti italiani degli Anni Sessanta-Settanta, quindi telai in acciaio con diametro piccolo. E poi le nostre biciclette sono interamente personalizzabili: dalla geometria al colore, passando per il sellino a eventuali scritte…
All’inizio riciclavamo i vecchi telai di mountain bike e li convertivamo in cargo bike. Poi, siamo passati a realizzare tutto noi da zero. Questa è stata una scelta dettata sia dalla qualità dei telai e dalle misure che si trovano in commercio, sia dall’impossibilità al giorno d’oggi di trovare una filiera italiana del settore”.
Chi sono i vostri principali clienti?
“Sono sia professionisti che usano le cargo bike per lavoro che famiglie che vogliono trasportare bimbi piccoli o animali. Per esempio una famiglia ha ordinato una nostra cargo bike e ha pedalato da Amburgo fino a Lisbona con il figlio di due anni. E’ molto gratificante per noi sapere chi userà le nostre cargo bike, ed è sicuramente più stimolante che fare una produzione di massa e rivenderla a un distributore. Fino all’anno scorso la nostra clientela era al 90% straniera e al 10% italiana, ma con la pandemia le richieste in Italia sono aumentate, complici anche gli incentivi statali. Non puntiamo a fare grossi numeri. Preferiamo fare meno biciclette ma fatte bene”.
Come vedi il futuro della ciclomobilità?
“La situazione sta iniziando a smuoversi, ma il traguardo è ancora molto lontano. Purtroppo l’assenza di infrastrutture sicure che colleghino le città e le frazioni rende il passaggio ancora più difficile. Tra gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il Ministero dell Infrastrutture e della Mobilità ha previsto investimenti per la ciclabilità e speriamo che questa tendenza contribuisca a dare una svolta in questo senso. Ciò farebbe bene all’ambiente e alle persone”.
Chiara Sorrentino