Un educatore di strada a Scampia, un giornalista d’inchiesta, una docente universitaria e un sindaco di un comune nel foggiano: sono i protagonisti dei primi quattro ‘volumi’ della Biblioteca vivente digitale dell’antimafia, la nuova iniziativa del CUP – Comitato Unitario dei Professionisti della Provincia di Modena ed in particolare della Commissione di Contrasto alle Mafie e alla Corruzione dello stesso CUP per diffondere la cultura della legalità attraverso il racconto diretto di chi, della ricerca di una società più giusta, ha fatto un impegno concreto della propria esistenza.
“Siamo davvero entusiasti di questo progetto – commenta Beatrice Fonti, Responsabile della Commissione di Contrasto alle Mafie e alla Corruzione del CUP di Modena – e del riscontro che ha già avuto presso alcune classi scolastiche del territorio. La volontà è quella di proseguire, arricchendo nel tempo la Biblioteca vivente digitale dell’antimafia con la testimonianza di altri ‘libri’ e quindi di altre storie di resistenza. ‘Libri’ che potrebbero anche, perché no, direttamente essere realizzati dagli studenti andando a stanare quelle piccole ma grandi storie di resistenza quotidiana alla illegalità e ai soprusi”.
Il presidente del CUP Giuliano Fusco precisa che “gli Ordini e Collegi Professionali aderenti al CUP e alla Commissione credono fermamente nell’affermazione e nella diffusione dei valori dell’etica e della legalità nella società civile, e hanno voluto consegnare questi ‘volumi in carne e ossa’ che rappresentano, crediamo, un esempio prezioso per i giovani e non soltanto per loro, la testimonianza concreta che è possibile opporsi, impegnarsi per rendere il nostro Paese e le nostre comunità dei luoghi migliori, in cui giustizia sociale, legalità, etica e benessere non siano soltanto parole vuote. Gli studenti e i professori hanno aderito immediatamente alla proposta del CUP, e speriamo che questo rappresenti soltanto l’inizio di un percorso di confronto, educazione e coinvolgimento. I libri sono fatti per essere tolti dagli scaffali, aperti, annotati e condivisi: la cultura, anche quella della legalità, ha senso e valore nel momento in cui si fa energia motrice, stimolo concreto di consapevolezza e impegno. Il confronto con l’esperienza di quanti oggi sono sul campo rappresenta, ci auguriamo, la scintilla per accendere nei giovani la passione per la giustizia”.
Ciro Corona, Giovanni Tizian, Stefania Pellegrini e Pierpaolo d’Arienzo sono i primi quattro ‘libri viventi’, testimoni – ognuno nel rispettivo ambito di intervento – del fatto che l’impegno per un’Italia diversa è possibile. “Abbiamo ripreso la bella e già ben sperimentata idea delle biblioteche viventi, dove persone in carne e ossa si lasciano ‘sfogliare’ da lettori curiosi delle loro storie di vita, inserendo varianti innovative nei temi raccontati e nelle forme di fruizione. Le necessità di distanziamento ci hanno, infatti, suggerito di editare libri viventi in forma digitale, a partire dalle piattaforme che utilizziamo ormai da quasi un anno e mezzo”. Parla così di questi singolari ‘video racconti’ chi li ha realizzati, Federico Lacche, direttore della testata radiofonica Libera Radio, edita da Open Group, la cooperativa bolognese partner dell’iniziativa insieme a Comune di Modena, Avviso Pubblico, Tempi Moderni, e prodotta nell’ambito del progetto regionale ‘Legalità e Territorio 2020’, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna. I quattro ‘libri’ rappresentano l’avvio del progetto della Biblioteca vivente dell’antimafia, e sono stati messi a disposizione di quattro classi dell’Istituto superiore F. Corni di Modena, con l’idea di rappresentare un materiale operativo, utile a insegnanti e studenti per impostare un percorso di riflessione sui temi del contrasto civile e culturale a mafie, corruzione e illegalità.
Alcuni dei ‘libri viventi’ incontreranno studenti e insegnanti giovedì 20 maggio, nel corso di una conferenza online, per rispondere alle loro domande e confrontarsi insieme ai ragazzi sui temi emersi dalla ‘lettura’ dei testi della Biblioteca vivente digitale dell’antimafia.
L’educatore di strada Ciro Corona (‘Il Cavaliere di Scampia’) racconta il proprio ostinato impegno sociale a Scampia, dove è nato, per non abbandonare quel territorio oppresso dalla Camorra, coinvolgendo giovani e famiglie in attività capaci di allontanarli dall’illegalità. Il lavoro insieme a una rete sociale di 120 associazioni che operano nel quartiere e che ha fatto di Scampia “il laboratorio sociale più grande d’Europa”, gli è valso, lo scorso 29 dicembre, l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitogli dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Giovanni Tizian (‘L’utopia della verità’) è giornalista d’inchiesta e ha mosso i suoi primi passi nel mondo della carta stampata proprio a Modena, per poi passare a l’Espresso e, attualmente, a Domani. Impegnato a far luce e tenere alta l’attenzione sull’aggressione mafiosa soprattutto ai territori del centro-nord Italia, si è trovato a dover vivere sotto protezione per le minacce ricevute proprio dai clan. Nato a Bovalino, in Calabria, è stato costretto nei primi anni Novanta a trasferirsi con la famiglia proprio a Modena a causa di alcuni drammatici episodi di matrice mafiosa, culminati prima nell’incendio della fabbrica del nonno materno, poi nel brutale omicidio del padre Giuseppe, funzionario di banca, per il quale a distanza di oltre 30 anni non sono ancora stati trovati esecutori e mandanti.
Stefania Pellegrini (‘Lotta civile’) è Professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Bologna, e anche lei non ha mai concepito il proprio lavoro come separato dal personale impegno civile: tra il resto, ha attivato il primo corso di ‘Mafie e Antimafie’ in una Scuola di Giurisprudenza in Italia, e da anni dirige il Master di II Livello in ‘Gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati alle mafie. Pio La Torre’. All’analisi scientifica delle mafie sotto i profili sociologico e giuridico, ha dunque affiancato un impegno civile inscindibile dalle proprie competenze di studiosa, elementi come lei stessa afferma per combattere gli stereotipi che vedono le mafie come fenomeni riferibili in sostanza alle regioni del sud del Paese. Ma anche per esortare le comunità a mantenere l’attenzione sul pericolo del radicamento mafioso nel nord Italia, nonostante le sottovalutazioni, le connivenze e gli interessi insospettabili.
“Sapevamo perfettamente a cosa andavamo incontro, perché questo è un territorio di mafia, anche se si è iniziato a parlarne molto tardi”. Sono parole di Pierpaolo d’Arienzo (‘Sindaco in terra di mafia’), primo cittadino di Monte Sant’Angelo, piccolo comune del foggiano, e coordinatore regionale di ‘Avviso Pubblico’. Il suo ‘libro’ racconta le pesanti minacce e anche un attentato – l’incendio della sua auto – a un amministratore pubblico del primo comune della provincia che fu sciolto per condizionamenti mafiosi. Ma racconta anche la storia del gruppo di giovani della sua squadra di governo, che pur considerati ‘pazzi’ per la sfida lanciata ai clan hanno deciso di impegnarsi per il ‘cambiamento’, per ‘risvegliare’ la comunità e le sue istituzioni.