Una brutta disavventura quella vissuta da un nostro concittadino e iniziata con dei dolori allo stomaco talmente forti da indurlo a recarsi al Pronto Soccorso. Lì, dopo una ecografia e alcuni esami, gli viene comunicato che forse si tratta di “una addominalgia verosimile coprostasi” e il medico di turno lo invita a tornare a casa e a ripresentarsi il mattino seguente per ulteriori accertamenti. Il giorno dopo il dolore è ancora acuto, l’uomo si ripresenta al Pronto Soccorso, dove viene accettato in “codice verde” alle ore 9. Alle 10 viene dimesso, senza modificare la diagnosi precedente. La terapia? “Si consiglia di bere in abbondanza”.
Alla sera il dolore diventa insopportabile e i genitori, preoccupati, chiamano il 118. L’uomo dopo una lunga attesa e una visita accurata viene finalmente ricoverato. Il mattino seguente i medici del reparto, molto professionali, dopo le opportune valutazioni decidono di operarlo e in sala operatoria emerge la presenza di peritonite.
“Fortunatamente sono intervenuti in tempo – racconta il padre – ma mi domando perchè ci sia voluto tanto tempo per capire che il dolore era causato dall’infiammazione dell’appendicite. Mio figlio è finito in sala operatoria quando il peritoneo era già perforato, una complicanza grave che, forse, poteva essere evitata, se avessero agito con maggiore tempestività. Io non voglio fare alcuna polemica – conclude il padre – ma mi auguro che nessun paziente si trovi in queste condizioni e che nessun sintomo venga sottovalutato”.
La pandemia di Covid 19 sta mettendo a dura prova il sistema ospedaliero, Ramazzini compreso, ma le altre patologie non sono scomparse. Nonostante l’alto numero di contagi, molti cittadini sono tornati ad affollare il Pronto Soccorso in modo improprio ma ve ne sono altri che, al contrario, vi ricorrono come extrema ratio a fronte di reali necessità. A loro deve essere garantita la migliore assistenza possibile, in questa fase durissima non possiamo permetterci errori: la conta dei morti è già sin troppo alta.
Jessica Bianchi