Fatturati calati in media del 50% a gennaio, del 20% a febbraio e dell’85% nelle prime due settimane di marzo; oltre 40 milioni di rimanenze di magazzino che diventeranno invendibili; rischio chiusura per almeno 200 attività con conseguente perdita di almeno 500 occupati.
E’ questo, in sintesi, il quadro drammatico del comparto modenese dei negozi di abbigliamento, tracciato dall’ufficio studi di Confcommercio Modena.
“Al settore – spiega Tommaso Leone, presidente provinciale di Confcommercio – serve un sostegno immediato, reale, congruo e proporzionato alle effettive perdite, soprattutto slegato dalla soglia minima del 33% del fatturato ipotizzato dal decreto Sostegni, perché i prodotti di moda seguono, come noto, le tendenze delle stagioni stilistiche e quindi sono soggetti a rapidissima svalutazione”.
Il comparto è in grave sofferenza, senza soluzione di continuità, dal primo lockdown di un anno fa: i negozi hanno avuto a disposizione solo mezze stagioni per la vendita e fatto subito notevole ricorso a forti promozioni ed a saldi, con l’unico obiettivo di contenere le perdite di fatturato: “una soluzione che ha certamente aiutato i negozi ad avere liquidità – precisa Leone – per pagare personale, fornitori, affitti, tasse e spese vive, ma ha contestualmente generato una drastica riduzione dei margini, mettendo così a rischio il modello di business e la stessa sopravvivenza dei fashion store: se le restrizioni al settore dovessero permanere anche dopo il 6 aprile, rischiano di sparire 200 degli 800 negozi di abbigliamento attivi nella nostra provincia”.
La peculiarità dei negozi di moda sta nella stagionalità delle collezioni, ordinate anche un anno prima dell’arrivo dei prodotti nelle vetrine, con ordini minimi imposti dai brand e investimenti di centinaia di migliaia di euro di merce che, come accadde un anno fa per la stagione primavera/estate, resterà ferma in magazzino.
“Proprio per questo motivo – puntualizza Leone – sosteniamo da settimane l’indispensabilità di un contributo sulle eccedenze di magazzino, sotto forma di credito d’imposta del 30% delle rimanenze, così come riteniamo sia indifferibile anche un intervento sull’abbattimento del costo dei canoni di locazione: in tal senso sono state poste sul tavolo della presidenza del Consiglio delle specifiche proposte di intervento”.
In vista dell’arrivo del decreto Sostegni, Confcommercio ha indicato un altro obiettivo al Governo: trovare una soluzione per i negozi di camicie e maglieria, chiusi per decreto, ma che – avendo lo stesso codice attività 47.71.30 dei negozi di biancheria personale – sono stati ingiustamente ed inspiegabilmente esclusi dai precedenti Decreti ristori.
“In tutto ciò – conclude Leone – registriamo quotidianamente l’amarezza dei nostri imprenditori del settore, ingiustamente puniti con l’obbligo di chiusura confermato anche nell’ultimo provvedimento sulla zona rossa: dopo tutti gli investimenti fatti per prevenire al meglio i rischi di contagio in negozi nei quali peraltro non sussiste un pericolo di assembramento, ci si aspettava maggiore rispetto per le nostre imprese”.