Coloriamoci di lilla, affinché non vengano meno l’impegno e la consapevolezza nei confronti delle problematiche legate ai disturbi dell’alimentazione, come anoressia e bulimia. E’ questo l’invito della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, in calendario oggi, lunedì 15 marzo, un’occasione per riflettere su una tipologia di problematiche sempre più presenti tra giovani e giovanissimi e che coinvolgono inevitabilmente anche le loro famiglie.
“I disturbi del comportamento alimentare – spiega la dottoressa Roberta Covezzi, responsabile del Programma per i disturbi del comportamento alimentare dell’Azienda Usl di Modena – rappresentano una delle maggiori espressioni di disagio negli adolescenti e nei giovani adulti. Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento dell’incidenza in provincia di Modena e nel 2020, complice la pandemia, la crescita è stata particolarmente sensibile. Oggi seguiamo più di 330 famiglie in ambito provinciale e i nuovi casi degli ultimi 12 mesi sono stati oltre 200 tra ragazze e ragazzi. La popolazione tra i 17 e i 25 anni, i cosiddetti sette anni neri dei disturbi alimentari, è quella più numerosa in carico”.
I disturbi più diffusi nella fascia adolescenti e giovani adulti sono senza dubbio “anoressia nervosa, bulimia nervosa e il Binge Eating Disorder, ovvero il disturbo da fame compulsiva. Il fenomeno dell’abbuffata compulsiva si rileva con un’alta frequenza soprattuto nelle persone in sovrappeso o obese ma anoressia e bulimia sono le più frequenti, con una netta prevalenza dell’anoressia nervosa in provincia di Modena, così come in tutta la Regione”.
L’età di esordio si è notevolmente abbassata, prosegue la dottoressa Covezzi: “prima l’età di esordio si attestava tra i 15 e i 19 anni mentre ora sono in sensibile aumento i giovanissimi, ovvero la fascia tra i 12 e i 15 anni. Ragazzini che arrivano ai nostri servizi in una condizione di gravità importante”.
La pandemia ha assestato un duro colpo: “da un lato la chiusura forzata tra le pareti domestiche ha peggiorato e reso evidenti tali tipologie di disturbo nei giovanissimi e, dall’altro, ha contribuito a riacutizzare la sintomatologia in persone di 30, 40 anni che ne avevano sofferto in passato”.
L’Ausl di Modena, in linea con le direttive regionali ha da tempo costruito un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per rispondere ai bisogni di questi utenti.
“Il nostro percorso – sottolinea la dottoressa Covezzi – è suddiviso in quattro livelli: il primissimo è rappresentato dai medici di Medicina generale e dai pediatri di libera scelta, vere e proprie antenne nell’intercettare tali problematiche. Poi ci sono gli ambulatori territoriali, presenti a Mirandola, Modena e Sassuolo, dove operano delle equipe territoriali multisciplinari composte da varie figure professionali: un neuropsichiatra, uno psichiatra, una dietista, due psicologi, uno per i minorenni e uno per gli adulti, un medico nutrizionista e un tecnico della riabilitazione psichiatrica. Ci siamo poi dotati di un centro diurno a Modena, che serve l’intera provincia, dove vengono effettuati pasti assistiti, supportati da infermieri, dietisti e tecnici della riabilitazione psichiatrica, e attività di psicoterapia di gruppo e individuale. Il quarto livello, che si attiva nei casi più gravi, è quello dei ricoveri: gli utenti ricoverati nell’ultimo anno rappresentano circa il 15% di coloro che abbiamo in carico. In caso vi sia un’urgenza metabolica, il punto di riferimento è la Medicina metabolica dell’Ospedale di Baggiovara, se invece il ricovero ha un carattere riabilitativo sia dal punto di vista psicologico che organico ci avvaliamo della collaborazione di Villa Rosa che ha posti specifici e dedicati, mentre per i più piccoli il riferimento è il Sant’Orsola di Bologna. Per chi necessita poi di un percorso riabilitativo complessivo a lungo termine, dai tre ai sei mesi, c’è la possibilità di avvalersi di alcuni posti in convenzione presso la Comunità InVolo di Parma”.
Nella cura dei disturbi del comportamento alimentare è fondamentale un approccio complessivo: “se un nostro caro sta male, tutti i famigliari soffrono. E’ come se l’intera famiglia si ammalasse. Ecco perché il nostro percorso di diagnosi e cura non è solo individuale bensì complessivo”, puntualizza la responsabile del Programma per i disturbi del comportamento alimentare dell’Azienda Usl di Modena.
Ma quali sono i segnali che devono far scattare un campanello d’allarme nelle famiglie?
“Se la persona comincia a mangiare meno, se non ha voglia di consumare i pasti insieme alla famiglia, se dice di aver già mangiato, se ha perso molto peso, se dedica lunghe ore a sessioni di attività fisica o, se, al contrario, sparisce del cibo, se ogni volta che mangia si chiude in bagno… questi sono tutti segnali che devono preoccupare. Se poi si notano stanchezza fisica, svenimenti, perdita dei capelli, amenorrea… allora occorre correre ai ripari e alla svelta. Il mio consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico di base o al pediatra, professionisti che sapranno indicare alle famiglie quale sia la strada più adeguata per la cura ma la mia raccomandazione è quella di non incappare nell’errore di pensare che basti un solo professionista per vincere queste malattie. Queste sono patologie psichiatriche gravi che coinvolgono corpo e mente: non si può curare l’una senza l’altra. Alcuni pazienti arrivano tardi ai nostri servizi perché si sono rivolti a un solo professionista: lo ribadisco per questi disturbi serve l’intervento di una equipe specializzata e multidisciplinare. Prima si arriva alla diagnosi e alla cura appropriata, migliore sarà il risultato: se si aspetta troppo diventerà più difficile uscirne e il rischio che la malattia persista diventa maggiore. E poi occorre pazienza perché queste patologie richiedono lunghi tempi di cura: 2, 3 anni per guarire dall’anoressia nervosa e dai 3 ai 5 anni per la bulimia nervosa. Non si deve avere fretta”.
Quanto è importante la prevenzione e come la state facendo con le scuole in Dad?
“Fare prevenzione non significa parlare di disturbi del comportamento alimentare bensì andare a toccare quelli che sono i fattori predisponenti: dal tema dell’autostima a quello della stima di sé legato a un ideale identitario e corporeo, a quello della cultura della dieta. Nonostante le difficoltà legate all’emergenza sanitaria, stiamo portando avanti i nostri interventi con la formula da remoto, sia coi docenti con le classi seppure in modo ridotto”, conclude la dottoressa Covezzi.
Jessica Bianchi