Aumentano nel mondo scientifico le voci di esperti che invitano a sospendere le vaccinazioni Covid su persone già risultate positive al virus e dunque in qualche misura immunizzate, poiché si ritiene più utile destinare quelle dosi ad altri cittadini. Le domande però si sprecano dal momento che ancora non si conosce quale sia l’entità della risposta anticorpale di ciascuno dopo aver contratto la malattia e, soprattutto, se e per quanto tempo tali anticorpi siano protettivi per scongiurare un secondo contagio. Insomma se ad abbondare sono gli interrogativi, le risposte al contrario latitano come ammette anche il professor Andrea Cossarizza, docente di Patologia Generale dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia.
Professore, chi ha avuto il Covid-19 può considerarsi meno esposto a un nuovo contagio?
“Ad oggi non abbiamo ancora informazioni sufficienti per stabilire la durata effettiva della protezione del sistema immunitario dopo l’infezione da Covid-19. I dati più recenti suggeriscono che le persone guarite nei primi sei mesi siano ben protette e non si riammalino. E’ però probabile che non ci sia una risposta univoca tra diverse persone. Abbiamo infatti rilevato che in alcuni casi gli anticorpi protettivi possono scomparire nel giro di pochi mesi e che in alcuni casi, addirittura, non si sviluppino. Ma la risposta immunitaria non si basa solo sugli anticorpi circolanti, ci sono cellule residenti nei linfonodi, nella milza e in altri organi. Per questo motivo, fino a quando non avremo più informazioni, è importante mantenere le misure di protezione”.
Chi ha contratto la malattia dovrà comunque sottoporsi al vaccino?
“Credo sia opportuno, anche se forse è meglio aspettare sei mesi dopo la guarigione. Questo consentirebbe di poter vaccinare più persone, dato che chi è stato malato è protetto e per un certo periodo. Se abbiamo già prodotto anticorpi, il vaccino funzionerà come fosse il richiamo di un altro vaccino”.
Qualcuno dice che basterebbe una sola inoculazione (in caso di vaccino Pfizer): è il caso di fare un dosaggio dei titoli anticorpali anche in considerazione del fatto che non si conosce esattamente la durata dell’immunità e che alcuni non sviluppano anticorpi malgrado siano risultati positivi al Covid, prima di procedere col vaccino?
“Ci sono studi in tal senso condotti dalle stesse case che hanno prodotti i vaccini. Come in ogni altra pratica scientifica, la ricerca e l’interpretazione dei dati devono essere molto precisi. Ci vogliono attenzione e prudenza. Così è anche per i vaccini. Al momento l’indicazione potrebbe essere quella di fare un test sierologico a circa venti giorni dalla seconda dose per valutare la risposta anticorpale prodotta”.
L’indirizzo sembra dunque quello di vaccinare anche coloro che hanno contratto la malattia ma senza fretta. Per le persone guarite infatti, l’indicazione dell’Ausl di Modena è quella “di attendere alcuni mesi prima di sottoporsi al vaccino, in ragione della presenza di anticorpi sviluppati a seguito della malattia, ma anche in un’ottica di razionalizzazione delle dosi in possesso dell’Azienda sanitaria”.
Jessica Bianchi