“I ghiacciai che coprivano le Alpi si sono ridotti del 60% in un secolo, abbiamo perso gran parte del patrimonio glaciale delle quote medio basse e le proiezioni indicano che entro questo secolo le Alpi saranno prive di ghiaccio. Avremo solo residuali cappuccetti bianchi sulle vette oltre i 4.000 metri ma saranno simbolici poiché la maggior parte dei ghiacci sarà finita in mare aumentandone il livello”. Non ha usato mezze misure il noto meteorologo e climatologo Luca Mercalli durante un’intervista on line organizzata dall’Università di Parma e rientrante nella rassegna dedicata all’Agenda 2030 ONU e ai suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (https://www.facciamoconoscenza.unipr.it).
“La scomparsa dei ghiacciai – ha continuato – rappresenta un problema per la disponibilità di acqua, i fiumi che arrivano dalle Alpi, Po incluso, vedranno ridotta la propria portata estiva perché non ci sarà più il ghiaccio ad alimentarli, per non parlare delle ripercussioni turistiche dal momento che le zone alpine saranno meno attrattive in inverno. Anche l’innevamento diminuisce: il periodo in cui Alpi e Appennini sono ricoperti da un manto nevoso continuo si sta contraendo sempre più e la neve è un serbatoio di acqua ancor più importante del ghiaccio, soprattutto per gli Appennini dove non ci sono più ghiacciai, eccezion fatta per il Gran Sasso. A causa del cambiamento climatico infatti la neve fonde ad aprile anziché a giugno causando una grave siccità in estate. Le montagne ci fanno vedere subito questi problemi, le chiamiamo le sentinelle del cambiamento climatico. Tanti guardano alla scomparsa dei ghiacciai con curiosità anziché con preoccupazione senza rendersi conto che il Suv con cui sono arrivati in montagna per guardare il paesaggio è una causa di questo disastro: manca del tutto la connessione tra gesto individuale e risultato globale”.
Avanti così non si può andare, ha ribadito più volte il noto meteorologo – intervenuto sul Goal numero 13 dell’Agenda 2030, Lotta contro il cambiamento climatico e intervistato dal docente dell’Università di Parma Alessio Malcevschi – serve una drastica inversione di rotta.
La diagnosi del sistema climatico globale è assai grave: “si tratta – ha dichiarato Mercalli – di un’intossicazione da eccesso di gas a effetto serra. I più importanti sono due: l’Anidride carbonica, soprattutto quella di origine fossile derivante dalla combustione di carbone, gas e petrolio, (negli ultimi 20 anni ne abbiamo liberate in atmosfera ben 35 miliardi di tonnellate) e il metano derivante da diverse fonti, dagli allevamenti a forme mal gestite di agricoltura, a quello naturale che si sta liberando a causa dello scioglimento del permafrost, processo innescato dall’innalzamento delle temperature”.
Attualmente in atmosfera abbiamo una quantità di gas a effetto serra, e in particolare CO2, “di circa 417 parti per milione; il valore massimo che per oltre 3 milioni di anni non è mai stato superato sulla terra (rilevato grazie a carotaggi polari e antichi fossili ad esempio) è stato di 300 parti per milione.
Noi oggi stiamo dunque inaugurando un’epoca nuova che l’umanità non ha mai conosciuto, cioè un pianeta che rischia in questo secolo di trasformarsi in maniera inedita per l’uomo. Forse è già successo, in tempi arcaici, che il pianeta fosse così caldo, ma c’erano i dinosauri, non noi. Ci siamo evoluti come specie in un periodo di stabilità climatica, siamo una società meno adattabile rispetto a quella di un tempo: la popolazione mondiale ammonta a quasi 8 miliardi di individui che vivono prevalentemente in strutture stabili, ovvero le grandi città. 10mila anni fa l’umanità era mobile, fatta di cacciatori e raccoglitori, i confini non esistevano, se arrivava una calamità la comunità si spostava e costruiva la propria capanna un po’ più in là. Oggi cosa facciamo, spostiamo New York, Miami, Venezia?”.
Il livello del mare sta aumentando in tutto il mondo di 3 millimetri e mezzo l’anno: “a fine secolo, se non facciamo nulla, sarà di un metro e venti. Lo spazio di vita di una persona. Uno studente di oggi quando sarà anziano si troverà un delta del Po e una Venezia totalmente inabitabili. I tempi sono stretti e l’adattabilità tanto invocata dovrà avvenire in uno spazio molto ridotto. Un paio di generazioni. E’ difficile adattarsi quando i cambiamenti sono così drastici e rapidi. Se tale innalzamento avvenisse in millenni sarebbe più facile, anche per la natura, perché ricordiamo che anche le altre specie si dovranno adattare”.
Fatta la diagnosi, Mercalli è poi arrivato alla terapia. “La diagnosi ci ha detto che il riscaldamento globale è in atto e che peggiorerà sempre di più, come una febbre, in ragione di quanto noi inquineremo. La causa ormai è assolutamente chiara: è l’aumento dei gas a effetto serra che produciamo noi con l’utilizzo delle risorse fossili in particolare ma anche di scorrette pratiche agricole, deforestazione così via… La terapia quindi dev’essere una rapida diminuzione delle emissioni di gas a effetto serra. L’accordo di Parigi dice proprio questo: cerchiamo di rimanere in un aumento non superiore ai 2 gradi in questo secolo, vero e proprio limite di sicurezza, perché oltre i 2 gradi entriamo in una fascia di cambiamenti catastrofici che sarebbe bene evitare con tutte le nostre forze. Dobbiamo diminuire la nostra pressione sull’ambiente in tempi brevi perché abbiamo perso tempo prezioso prima: in chiacchiere, in negazione, in indifferenza. Oggi i tempi di azione sono a dir poco ristretti, nell’ordine di dieci anni, non per nulla gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda sono al 2030. Tutti i paesi devono mettere in atto una dieta per ridurre l’intossicazione dell’atmosfera, passando alle energie pulite, diventando più efficienti nell’uso energetico. Inoltre, di fronte alla cementificazione, vera e propria emorragia di verde, è necessario impedire ai Comuni di far costruire su terreni vergini. Non è ammissibile che vi siano comuni che svendono il patrimonio agricolo per farsi quattro case e far erigere un nuovo capannone dedicato alla logistica. La pandemia poi ha già fatto vedere che possiamo tagliare drasticamente le emissioni del comparto dei trasporti: meno aerei e meno macchine in giro. Facciamo tutto attraverso il digitale – ha concluso Luca Mercalli – e un po’ con la tecnologia un po’ con il cambiamento degli stili di vita possiamo arrivare a ridurre le emissioni climalteranti”.
Jessica Bianchi