L’Emilia Romagna ha concluso il primo studio sulla diffusione della cosiddetta “variante inglese” del Coronavirus: dei 204 campioni su cui è stata effettuata l’analisi, raccolti da Piacenza a Rimini il 4 e 5 febbraio, ne risultano positivi alla variante 57, pari al 27,9%. Su 9 campioni (213 era il numero totale di quelli raccolti) non è stato possibile procedere per insufficienza di materiale organico. La prima analisi dei campioni si era basata sul test inverso, cioè un’indagine molecolare che non riconosce la variante inglese e in caso di esito di negativo indica quindi una verosimile positività, e aveva individuato 66 possibili casi. Dopo questo primo screening si è quindi passati agli esami di sequenziamento del virus, più approfonditi e che possono richiedere fino a 48 ore per ogni batteria di campioni: il risultato finale è stato di 57 casi confermati: 22 a Bologna, 4 a Ferrara, 13 a Modena, 8 a Parma, 3 a Reggio Emilia e 7 in Romagna.
L’indagine, avviata a livello nazionale su mandato dell’Istituto Superiore di Sanità, in Emilia-Romagna è stata condotta dall’Unità operativa di microbiologia dell’Ausl della Romagna a Pievesestina di Cesena, diretta dal professor Vittorio Sambri, e dal Laboratorio di analisi del rischio ed epidemiologia genomica della sezione di Parma dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna, sotto la guida del dottor Stefano Pongolini; il tutto, in collaborazione con la Regione – servizio Prevenzione collettiva e sanità pubblica – e i Dipartimenti di Sanità pubblica delle Aziende sanitarie territoriali.
“Abbiamo tutte le evidenze scientifiche che sia controllabile con gli anticorpi del vaccino – spiega il professor Sambri – e non ci sono dati incontrovertibili sulla sua maggiore trasmissibilità, anche se per ora appare probabile. Tutti i nostri sforzi in questo tipo di indagini sono mirati alla ricerca di nuove eventuali varianti: solo così facendo potremo essere tempestivi e fare tutto il necessario per individuarne e contenerne la diffusione”, ha commentato il professor Sambri.
E a tal proposito è già stata effettuata una seconda raccolta di campioni e, come per la precedente batteria, solo il sequenziamento del virus potrà indicare con certezza la diffusione della variante inglese.
“Sappiamo che la variante inglese è presente in Regione e anche in provincia di Modena: è più contagiosa – ha sottolineato Antonio Brambilla, direttore generale dell’Ausl di Modena – ma non più pericolosa. Inoltre dalle evidenze scientifiche sappiamo che è sensibile al vaccino che stiamo praticando. Ovviamente la preoccupazione c’è e, dal momento che è caratterizzata da una maggiore contagiosità, è fondamentale rispettare le condizioni sicurezza a cui ci siamo ormai abituati. Fino a quando non saremo scesi su valori epidemiologici molto bassi dobbiamo mantenere dei comportamenti corretti”.