Coronavirus, qual è la chiave del mistero?

L’esame istopatologico su tessuti ex vivo o post mortem costituisce un mezzo potente per comprendere i meccanismi dell’interazione tra Sars-CoV-2 e l’ospite umano, capire come uccide il virus, quali terapie utilizzare per sconfiggerlo e quali errori evitare. Ma la chiave per far luce su questo virus misterioso è proprio qui? A rispondere è il dottor Luca Roncati, Dirigente Medico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, Coordinatore del Team di Emolinfopatologia e Docente presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.

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dottor Luca Roncati, Dirigente Medico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, Coordinatore del Team di Emolinfopatologia e Docente presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

L’Anatomia Patologica può essere considerata la massima espressione dell’esattezza scientifica in campo medico. Ecco perché l’esame istopatologico su tessuti ex vivo o post mortem ha costituito e costituisce un mezzo potente per comprendere i meccanismi dell’interazione tra Sars-CoV-2 e l’ospite umano, capire come uccide il virus, quali terapie utilizzare per sconfiggerlo e quali errori evitare. Ma la chiave per far luce su questo virus misterioso è proprio qui? A rispondere è il dottor Luca Roncati, Dirigente Medico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, Coordinatore del Team di Emolinfopatologia e Docente presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.

Dottor Roncati, quanto è stato prezioso l’esame istopatologico (su tessuti) per comprendere come il Covid-19 attacca il corpo umano?

“Storicamente questo tipo di esame ha ricoperto un ruolo fondamentale per capire numerose malattie nuove e il Covid-19 non fa eccezione. In questi mesi di pandemia il mondo scientifico è stato sollecitato a 360 gradi per comprendere i meccanismi patogenetici di questa nuova malattia, come non era mai accaduto in precedenza. Pur operando in condizioni molto complesse, la scienza ha dato risposte importanti, anche grazie allo studio dei tessuti ex vivo su biopsie e post mortem attraverso autopsie minimamente invasive, in particolare quando il contagio da Wuhan ha raggiunto i Paesi occidentali. Grazie all’esame istologico, ad esempio, si è accertato come, accanto al problema respiratorio, nei pazienti molto gravi si instauri un’altra problematica ovvero quella cardiovascolare. Su questo fronte il mio gruppo di ricerca ha condotto studi significativi individuando per la prima volta al mondo il meccanismo immunologico alla base della vasculite, l’infiammazione dei vasi sanguigni, provocata da Sars-CoV-2, ed identificando il meccanismo patogenetico che provoca l’attivazione delle microtrombosi polmonari nelle forme più gravi di Covid-19”.

Uno studio del King’s College London, eseguito in parallelo con l’Università di Trieste e pubblicato su Lancet eBio Medicine, ha portato alla luce il grave danno respiratorio di fronte al quale si sono trovati gli Anatomopatologi mentre esaminavano quel che era rimasto dei polmoni dei soggetti deceduti. Quali sono i danni riportati dai polmoni?

“Sars-CoV-2 è un virus respiratorio, pertanto i primi organi bersaglio dell’infezione sono proprio i polmoni. I pazienti più gravi sviluppano inizialmente una polmonite interstiziale, contraddistinta appunto dall’infiammazione dell’interstizio polmonare, che in alcuni casi può evolvere in un danno alveolare diffuso. Tale avvenimento presenta tre fasi temporali in successione: infiammatoria, proliferativa e fibrotica. Il danno alveolare diffuso, che mette a rischio la vita dei pazienti, è costantemente presente nei deceduti per Covid-19, poi sottoposti ad autopsia. Ci tengo inoltre a sottolineare che la fase fibrotica implica la comparsa di vere e proprie cicatrici nei polmoni, lesioni che possono compromettere la funzionalità respiratoria tra i sopravvissuti alla forma più grave della malattia”.

In molte persone decedute è stata rilevata la presenza di trombi nelle grandi e piccole arterie e vene polmonari, causati dall’anomala attivazione del sistema della coagulazione del sangue favorita dall’infezione virale. Scoperte che hanno rivoluzionato anche il protocollo farmacologico da somministrare ai malati…

“Grazie a queste scoperte oggi il protocollo terapeutico prevede, nelle forme più gravi della malattia, l’uso di farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, come l’eparina, per prevenire la comparsa di eventuali trombosi nel sistema venoso e arterioso, un evento, questo, molto singolare della malattia, sul quale stiamo concentrando parte dei nostri studi e che speriamo di poter divulgare a breve nell’interesse della collettività e della salute pubblica”.

Il virus non attacca solo i polmoni, a subire i colpi di Sars-CoV-2 sono anche altri organi. Accade anche in persone che non avevano patologie pregresse?

“Nelle forme più gravi d’infezione da Sars-CoV-2 possono registrarsi tre compromissioni principali: quella respiratoria, quella cardio-vascolare e coagulativa ed una terza relativa al difetto della risposta immunitaria contro il Coronavirus. Quest’ultima risente dell’alta carica virale – da cui deriva l’importanza di un corretto utilizzo della mascherina protettiva per abbassarla – e sembra risentire anche della predisposizione genetica individuale, a prescindere dall’età dei pazienti. Certo chi soffre di patologie pregresse – come chi è affetto da broncopneumopatie, cardiopatie, diabete, aterosclerosi, ipertensione arteriosa o i soggetti immunodepressi o con disturbi autoimmuni severi – rischia di sviluppare una forma grave della malattia”.

Quello che avete portato avanti è un campo di ricerca poco frequentato sia per l’emergenza vissuta negli ospedali di tutto il mondo che per le oggettive difficoltà ad operare in sicurezza. Certamente però dai vostri studi è emerso un contributo decisivo nel capire meglio i tanti e ancora poco conosciuti meccanismi dell’interazione tra Sars-CoV-2 e l’ospite umano.

“Gli effetti del Covid-19 presentano numerose sfaccettature ecco perché occorre un approccio multidisciplinare per capire a fondo questa malattia. Sono fermamente convinto che la ricerca scientifica si sia dimostrata sinora un bene di pubblica utilità per comprendere l’interazione tra Sars-CoV-2 e l’ospite umano, e per poter impostare un protocollo farmacologico. La ricerca, nonostante l’emergenza, arriverà a offrire al mondo nuove, sicure ed efficaci strategie terapeutiche e vaccinali; sono altresì convinto che soltanto la scienza e la ricerca potranno porre fine alla pandemia in atto”.

Jessica Bianchi

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