Mina, una mamma coraggiosa

A seguito della conclusione del periodo trascorso al Glicine, e del percorso fatto con l’educatrice, Mina ha fatto ritorno nella sua casa con i figli, mentre il marito è stato allontanato dall’ambiente domestico. Grazie al supporto avuto, Mina è stata in grado di superare il complesso periodo e ha potuto iniziare a scrivere un nuovo capitolo della sua vita, libera dal terrore della violenza.

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Roberta Gaion, “Casa del Glicine” - 2020, Tecnica: matita e colorazione pittorica digitale

Non avere paura per sé e per i propri figli dovrebbe essere una condizione scontata e normale in ogni famiglia. Per Mina invece la paura e il terrore sono state due compagne quotidiane per troppo tempo. Due emozioni costanti, pesanti, che la soffocavano senza darle tregua. Un giorno Mina però ha detto basta. Ha chiesto aiuto e l’ha trovato dietro la porta della Casa del Glicine.

Per anni Mina ha subito violenze in casa, da parte del marito. Anni di urla, percosse e violenze psicologiche. Mina ha cercato altre volte di reagire, di fuggire, di allontanarsi… Ma ogni volta c’è stato un motivo che l’ha fermata: il non voler togliere i figli al padre, il senso di sconfitta, i tanti “cambierò” e “non succederà più” che lui le diceva dopo ogni episodio di violenza…

Un giorno però si è avverato uno dei suoi terrori più grandi: le violenze non sono state scaricate come al solito su di lei, ma su uno dei due figli.

E allora Mina ha detto basta.

Mina quel giorno ha preso per mano la piccola e il figlio più grande, li ha caricati in auto mentre il marito dormiva, ed è scappata. Se n’è andata così, di fretta, senza avere modo di prendere quasi nulla con sé, come i libri dei figli, o le sue scarpe rosse che le piacevano tanto. Mina è fuggita, e ha chiesto aiuto alle Forze dell’Ordine e ai Servizi Sociali, che l’hanno allontanata dalla sua città, e l’hanno portata alla Casa del Glicine. Qui la famiglia ha dovuto riorganizzare la propria vita, lontano dalle proprie cose e dalle consuete abitudini.

Nel caso di Mina, il Glicine ha offerto a lei e ai suoi figli non solo un percorso di assistenza e dialogo per superare le difficoltà emotive e psicologiche del periodo, ma anche un sostegno e supporti concreti per aiutare lei e i bambini nello svolgimento delle attività lavorative e scolastiche.

Nonostante la delicata e complessa situazione vissuta infatti, Mina ha sempre voluto continuare a lavorare durante la sua permanenza al Glicine, anche se la sede del suo lavoro era in un’altra città. Disposta a tutto per mantenere la sua dignità, Mina ha viaggiato ogni giorno pur di riuscire a continuare ad andare al lavoro. La Cooperativa ha quindi fornito a Mina una baby sitter, che ha seguito i bambini quando la madre era assente. A causa della distanza da casa, i bambini non sono andati a scuola per la maggior parte del soggiorno nella struttura. Entrambi però hanno accettato volentieri e con entusiasmo le attività proposte, come film, giochi di società o con i colori, e le visite in biblioteca.

L’assenza da scuola tuttavia ha sempre preoccupato molto la madre, seppur rassicurata dai Servizi sulla possibilità di relazionare l’accaduto alla scuola e non avere così problemi per le assenze. Mina infatti ha sempre riconosciuto l’importanza per i figli dell’andare a scuola, un luogo da lei considerato come fondamentale non solo per apprendere, ma anche per socializzare, imparare le regole e crescere.

Per questo, almeno per l’ultima settimana al Glicine, Mina è stata aiutata nell’organizzazione degli spostamenti per poter accompagnare i bambini a scuola prima di andare al lavoro.

Al Glicine Mina ha dimostrato di avere un carattere molto forte. Non si è mai persa d’animo, dimostrando la sua forza, la sua determinazione e un grande potenziale, che sino a quel momento non aveva mai avuto modo di esprimere.

Un altro aspetto che è stato gestito in collaborazione con l’educatrice del Glicine è stato il rapporto dei figli con il padre. L’uomo non ha mai chiamato i bambini durante le prime settimane, e questo ha creato in loro un forte stato di confusione e tensione. La madre ha cercato in più modi di non alimentare questi stati d’animo, evitando di parlare male dell’uomo con loro e cercando di non mettere i figli contro il padre. Quando finalmente il marito ha chiamato, lei ha permesso alla bambina di parlargli, e raccontargli i suoi sentimenti.

Al contrario il bambino, arrabbiato con il padre, si è dimostrato molto in crisi, e non ha mai voluto comunicare con lui, rifiutando anche gli incontri protetti.

Il lavoro più importante fatto dall’educatrice del Glicine è stato supportare la madre nella sua scelta di tutelare i bambini, e aiutare loro ad accettare l’assenza del padre in famiglia. Al termine del percorso con l’educatrice i bambini sono stati grado di capire la necessità che il padre andasse via di casa, ma nello stesso tempo hanno dimostrato entrambi di aver bisogno di mantenere costante il rapporto con lui. A seguito della conclusione del periodo trascorso al Glicine, e del percorso fatto con l’educatrice, Mina ha fatto ritorno nella sua casa con i figli, mentre il marito è stato allontanato. Grazie al supporto avuto, Mina è stata in grado di superare il complesso periodo, e ha potuto iniziare a scrivere un nuovo capitolo della sua vita, libera dal terrore della violenza.

 

La testimonianza di Mina fa parte della serie di racconti di “Libere di essere…”. L’iniziativa, ideata da Michela De Biasio, Responsabile Comunicazione della Cooperativa, ha raccolto sette storie di donne che negli anni hanno attraversato il percorso di accoglienza dell’Associazione Venite alla Festa, di cui la Casa del Glicine gestita da Eortè fa parte. Le storie, disponibili sul sito della cooperativa, sono state accompagnate da una serie di opere realizzate da artisti donne che hanno donato gratuitamente la riproduzione dei loro disegni per questa iniziativa.

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