89 positivi al Quadrifoglio e 5 decessi: cosa è andato storto?

E’ evidente, soprattutto in considerazione dell’alto numero di contagi avvenuto tra gli operatori che qualcosa sia andato storto. L’avvocato Gianni Casale del Comitato Regionale dei familiari delle vittime Covid-19 nelle strutture dell’Emilia-Romagna precisa come “il virus non venga portato dentro alle strutture dai famigliari, da sempre contingentati e sottoposti a rigidi controlli. Senza puntare il dito contro nessuno è evidente che non può essere di certo puntato contro di loro”.

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Della prima positività di un operatore all’interno della casa di riposo Quadrifoglio, gestita dalla Cooperativa Domus, abbiamo avuto notizia il 23 ottobre: il bilancio totale, al termine della refertazione dei tamponi, è di 89 contagiati, 53 ospiti (su 71) e 36 operatori (su 50), mentre sono 5 i decessi sinora registrati tra gli anziani. Un vero e vero tsunami quello che ha travolto la casa di residenza anziani. Ora, a preoccupare seriamente, è la tenuta della stessa continuità assistenziale messa a dura prova dall’elevato numero di operatori contagiati e pertanto assenti.
Costante è il contatto dell’Amministrazione Comunale con la Cooperativa Domus e l’Ausl, per assicurare il massimo impegno nell’assistenza agli ospiti della struttura.
Domus dal canto suo ha dichiarato di aver sostituito il personale Oss in quarantena, operando degli spostamenti da altre strutture, in modo da proseguire il mantenimento dell’assistenza di base agli ospiti e che altri operatori saranno inseriti, in modo da rafforzare le attività e agevolare il lavoro ulteriore previsto della nuova organizzazione, mentre è stato inviato un ulteriore supporto infermieristico da parte del Distretto sanitario.
Attivata presso la struttura anche la consulenza della dottoressa Chiara Pesci, primario del Pronto Soccorso dell’ospedale Ramazzini, per i pazienti più critici: all’interno della Cra sono infatti stati  eseguiti esami ematici e indagini ecografiche e, a seguito di tali valutazioni, due ospiti sono stati ricoverati ma la situazione è in continua evoluzione.
Dopo che vari familiari avevano denunciano come fossero stati lasciati senza alcuna spiegazione circa lo stato di salute dei propri cari il Comune ha chiesto di porre particolare attenzione anche alle informazioni da fornire ai  familiari.
Per tale attività sono state dunque messe a disposizione due operatrici, oltre all’infermiere di coordinamento, per approfondire particolari situazioni sanitarie e la direzione della struttura si è impegnata a riprendere a breve le videochiamate tra i famigliari e  gli ospiti della struttura, compatibilmente con le necessità assistenziali da assicurare prioritariamente.
Comunicazione a parte, è evidente, soprattutto in considerazione dell’alto numero di contagi avvenuto tra il personale della struttura che qualcosa sia decisamente andato storto, come sottolinea anche l’avvocato Gianni Casale del Comitato Regionale dei familiari delle vittime Covid-19 nelle strutture dell’Emilia-Romagna: “nella prima ondata ci siamo sentiti rispondere che era un evento inaspettato. Hanno allargato le braccia dicendoci: cosa potevamo fare? Ora però a sei mesi di distanza questa situazione non è più tollerabile. Il virus non viene portato dentro alle strutture dai famigliari, da sempre contingentati e sottoposti a rigidi controlli. Senza puntare il dito contro nessuno è evidente che non può essere di certo puntato contro le famiglie”.
Che il problema sia stato un uso improprio dei dispositivi di protezione? Domus garantisce la giusta formazione ai propri operatori in fatto di vestizione e svestizione per limitare ogni tipo di contaminazione? Ausl e Comune controllano che ciò avvenga? A fronte del bollettino di guerra a cui stiamo assistendo, ciascuno ha il dovere morale di interrogarsi circa le proprie responsabilità.
Jessica Bianchi

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