Tracciamento dei contatti: difficile tenere il passo

Con l’innalzamento del numero dei contagi, aumenta il lavoro di tracciamento dell’Ausl di Modena. Un carico che diventa sempre più difficile da sostenere

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Crescono i contagi e diventa sempre più impegnativo il lavoro di tracciamento dei casi di Covid, per questo motivo il Governo ha annunciato l’arrivo di un contingente di 2mila operatori per potenziare le attività delle aziende sanitarie.
Anche nel modenese è difficile tenere il passo nel lavoro di tracciamento dei contatti dei positivi e contemporaneamente provvedere alla sorveglianza sanitaria quotidiana dei casi attivi in isolamento a casa.
“Noi ci impegniamo ogni giorno della settimana – ammette Sandra Roversi del Dipartimento di Sanità Pubblica – e cerchiamo di tracciare il più possibile, ma siamo in difficoltà: il tracciamento è complesso e i casi sono tanti, così come sono numerosi i contatti di ciascuna persona trovata positiva. C’è chi è stato principalmente in casa e ha avuto contatto solo coi propri famigliari, ma non è raro trovare persone che hanno avuto contatti anche in occasione di eventi importanti come battesimi o matrimoni.”

Quanto tempo passa tra la scoperta della positività e il contatto del Dipartimento di Sanità Pubblica?

“Il primo contatto è abbastanza rapido. Da quando ci arriva l’esito, facciamo la comunicazione di positività in giornata, al massimo il giorno successivo. E in quella telefonata diamo indicazioni su come la persona dovrà svolgere l’isolamento e le chiediamo di preparare una lista di contatti avvenuti nelle 48 ore precedenti l’effettuazione del tampone se si tratta di un asintomatico. Se invece la persona presenta sintomi, chiediamo quando sono cominciati e di conseguenza il tracciamento parte dalle 48 ore antecedenti l’esordio somatologico”.

In quanti lavorano durante queste fasi?

“Non ho a disposizione un numero preciso ma sono molti coloro che ci aiutano nelle varie fasi. Tuttavia c’è solo una piccola parte di operatori esclusivamente dedicati al Coronavirus, tanti portano avanti anche le altre attività del Dipartimento di sanità pubblica. Ci hanno promesso che arriveranno nuove figure, ci sono però i tempi burocratici di acquisizione degli elenchi e quelli necessari per contattare le persone e proporre loro questa attività”.

Come funziona il contact tracing e quali sono le domande che ponete a chi risulta positivo?

“In generale la prima cosa che chiediamo è come sta la persona e se ha sintomi. Se ci sono stati sintomi chiediamo quali sono e quando sono cominciati, cerchiamo di capire con chi la persona positiva ha vissuto e chi ha frequentato, individuando i contatti stretti. Per contatto stretto intendiamo un contatto ravvicinato, quindi a una distanza inferiore al metro e mezzo per un tempo prolungato di almeno 15 minuti e, infine, chiediamo se c’è stato l’uso della mascherina”.

Le persone sono collaborative?

“Dipende, ciascuno ha una reazione diversa. Alcuni sono estremamente preoccupati e ansiosi, e quindi da tranquillizzare. Altri minimizzano e tendono a sottovalutare il problema. Questi sono quelli che ci occupano più tempo, perché dobbiamo far capire loro in che contesto ci troviamo: una nostra azione sbagliata può portare a delle conseguenze anche molto gravi”.

Giada Chiari

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