La pandemia del futuro? Le demenze

“In ballo c’è la tenuta di tutti i sistemi sanitari. I numeri che ci aspettano - afferma la dottoressa Costa, responsabile del Centro Disturbi Cognitivi e Demenze della Neurologia di Carpi - possono potenzialmente metterci in ginocchio”.

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Sono 1.837 le persone affette da demenza registrate tra Carpi, Novi, Soliera e Campogalliano (al 31 dicembre 2019). Numeri importanti, intrecciati a doppio filo col progressivo e inarrestabile invecchiamento della popolazione, e destinati a crescere del 10 – 15% all’anno. Nella nostra provincia sono circa 10.905 i casi di demenza, 3.587 i nuovi casi: l’8% della popolazione over 65 è colpita e il tasso aumenta col crescere dell’età. Più si invecchia maggiore è la possibilità di sviluppare una forma di demenza. Sono circa un centinaio le diverse patologie di natura degenerativa, traumatica o vascolare che possono provocare problemi cognitivi e di queste la malattia di Alzheimer è certamente la forma più diffusa. E se il degrado del nostro cervello va a braccetto con la vecchiaia, il lockdown ha contribuito ad assestare un altro durissimo colpo a malati e famigliari. “Il lockdown ha certamente aggravato i problemi comportamentali dovuti all’isolamento: i pazienti hanno registrato un calo delle performance – spiegano il primario di Neurologia Mario Santangelo e la responsabile del Centro Disturbi Cognitivi e Demenze dell’Ospedale di Carpi, dottoressa Manuela Costa – mentre i caregiver, privati delle ore di sollievo garantiti dai centri diurni, chiusi nei mesi più drammatici della pandemia, hanno manifestato un tono dell’umore depresso e una certa propensione al pianto a causa dell’aumentato carico di stress e di lavoro”.

E’ corretto affermare che le demenze saranno la vera “pandemia” del prossimo futuro?

“In ballo c’è la tenuta di tutti i sistemi sanitari. I numeri che ci aspettano, in crescita continua e costante – afferma la dottoressa Costa – possono potenzialmente metterci in ginocchio”.

In provincia di Modena siamo attrezzati per far fronte a un carico di pazienti cronici tanto esteso? 

“Per quanto riguarda la fascia anziana, ricordiamo che l’età prevalente delle demenze è quella degli over 75enni, le strutture ci sono, anche se si può migliorare – prosegue la dottoressa Costa – ma negli ultimi anni sono stati individuati circa 300 casi di demenze a esordio precoce che interessano persone con meno di 65 anni e che pongono all’attenzione nuovi problemi di cure ed assistenza. Questi pazienti costituiscono una sorta di interregno a sé, per loro al momento non ci sono risposte in campo”.

Un nervo scoperto è quello della gestione territoriale dei cronici, “un problema non ancora del tutto affrontato – sottolinea con forza il dottor Santangelo – e che necessita di idee chiare, programmazione e investimenti. Occorre dare delle risposte di prossimità anche perché oggi l’onere dell’assistenza grava pressoché completamente sulle spalle delle famiglie. Le Case della salute, in stretta collaborazione coi medici di Medicina Generale, potrebbero rappresentare una tessera fondamentale nella filiera della cura ma per farlo devono essere riviste, maggiormente strutturate per far fronte alla complessità della gestione dei cronici. Anche gli Osco (ndr Ospedali di Comunità) sono cruciali per rendere più fluida l’uscita dall’ospedale dei pazienti che hanno ancora bisogno di un’assistenza qualificata prima di fare rientro al proprio domicilio”. Le sfide che ci attendono sono più difficili che mai e non possiamo farci trovare impreparati ma le condizioni in cui versa la sanità pubblica, soprattutto quella periferica, non lasciano certo ben sperare…

Jessica Bianchi

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