Dopo anni di lavoro come graphic designer presso un’azienda specializzata nella produzione di etichette e packaging, nel 2007 Federico Mariani, carpigiano classe 1974, sente bussare dentro di sé un sogno che nutriva da bambino e da ragazzo: disegnare storie e giocattoli. E decide di aprirgli finalmente la porta. Così, inizia a fare corsi specifici, a frequentare fiere del settore, a crearsi un portfolio e pacchetti di autopromozione con tanto di cartoline e gadget per presentarsi alle case editrici di libri per l’infanzia.
“La prima casa editrice a commissionarmi un lavoro – racconta Federico – fu Mondadori. Si trattava della copertina di un libro e, in seguito, di una serie fortunata di libri su temi attuali come mafia, ecologia, guerre e lavoro. Da lì ho iniziato a collaborare assiduamente non solo con altre case editrici per illustrare libri, ma anche con agenzie di comunicazione per realizzazione di pubblicità, mascotte, illustrazioni per siti e applicazioni web”.
Cosa significa per lei disegnare?
“Sono cresciuto leggendo il Corriere dei Piccoli, albi illustrati di celebri autori, i fumetti di Topolino e Linus. Amavo disegnare e speravo di continuare a farlo anche da grande. Arrivare a diventare un illustratore è stato un percorso strano, tortuoso, partito senza fare l’Istituto d’arte ma quello per geometri, e quindi un successivo iter a dir poco strampalato passando dal geometra ai corsi di design, grafica, pubblicità a una carriera da graphic designer fra aziende e studi di comunicazione della zona. Poi una mattina del 2007 mi sono svegliato sentendomi in colpa per non aver mai provato a realizzare il sogno di quel bambino. E quindi ho deciso di provarci, mettendomi in proprio, tenendo i piedi in due scarpe, quello della grafica e quello della illustrazione e del design. Per me disegnare è un modo di sognare ed esplorare il mondo”.
Quale tecnica usa per le sue illustrazioni?
“Utilizzo una tecnica totalmente digitale eccetto per gli schizzi preparatori a matita. Dalla scansione passo al computer con il programma Adobe Illustrator, che serve per creare la base delle illustrazioni in maniera precisa attraverso il disegno vettoriale, per poi rifinire tutto quanto su Photoshop con ombre ed effetti di invecchiamento stile libri Anni ‘50/60. Da un po’ di tempo, però, ho iniziato a usare anche le tavolette grafiche e l’ipad, anche se il mio sogno sarebbe quello di tornare al disegno completamente tradizionale. Tutti i miei colleghi che lo hanno fatto dicono sia un vero toccasana”.
Cosa la colpisce di un testo per la realizzazione delle illustrazioni?
“Illustro principalmente libri didattici e di divulgazione, quindi è il tema che mi deve colpire. Se è nelle mie corde e fra le mie passioni, illustrarlo diventa un’esperienza intensa e unica ogni volta, fino a immergermi in esso totalmente. Come è stato per esempio per un albo sulla mitologia in cui non ho sentito il peso del ritmo serrato; oppure per i libri sullo spazio o quelli con i mostri”.
Cosa consiglierebbe a chi volesse intraprendere la sua professione?
“Il consiglio più importante è quello di crearsi uno stile personale, senza copiare o imitare gli altri. Questo perché siamo in tanti ed è necessario essere riconoscibili. Ogni anno arrivano tantissimi nuovi illustratori sul mercato e si fanno sempre meno libri. Prima della pandemia c’era stata una ripresa dell’editoria per ragazzi, ma a causa del Coronavirus molti progetti sono stati posticipati e le uscite si sono un po’ rallentate. E’ innegabile quindi che chi inizia oggi deve armarsi di tanta pazienza e concretezza. Oltre a studiare i cataloghi degli editori, partecipare a corsi e fiere del settore, lavorare tanto e crearsi uno stile veramente unico, conta molto anche avere un piano B, declinando le proprie capacità di illustratore in più campi sempre all’insegna di una propria cifra stilistica assolutamente personale”.
Chiara Sorrentino