Neri Marcorè incanta Piazza Martiri con la sua voce

Scommessa vinta quella dei ragazzi di Concentrico: riusciti a dare nuovamente vita a Piazza Martiri a Carpi (“la terza più bella d’Italia – dice Marcorè – ma le altre due non le conosco”) che sembrava destinata, in tempi di Covid-19 a essere un deserto popolato da monopattini e poco più.

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Sgomberiamo subito il campo da eventuali malintesi, lo spettacolo di Neri Marcorè,Le mie canzoni altrui, non è un esempio di teatro-canzone, ma un vero e proprio concerto dove il poliedrico artista marchigiano si riappropria di alcune canzoni che lui sente molto vicino. “Ad esempio non ci sono Guccini e Vasco Rossi – ci dice dopo lo spettacolo in camerino – perché non li sento nelle mie corde, anche se ogni tanto Guccini lo propongo come mi è capitato qualche sera fa”.
Quello di Neri Marcorè è un vero concerto (lui lo chiama viaggio) da est a ovest da sud a nord.
L’inizio con Lucio Battisti con Anche per te e poi arriva subito Luciano Ligabue la cui imitazione, in passato, fu un suo cavallo di battaglia. “Adesso non lo imito più, mi limito a cantare alcune sue canzoni con il mio stile e la mia voce” sottolinea Marcorè.
Poche parole tra una canzone e l’altra anche se non mancano i sorrisi come quando imita il premier Conte reduce dal Consiglio d’Europa. La scaletta propone da Ivan Graziani a Francesco De Gregori, da Ivano Fossati a Fabrizio De Andrè. Ed è proprio quando canta canzoni dell’indimenticato genovese che Marcorè si trova maggiormente a suo agio e anche la sua voce e le tonalità riprendono quelle di De Andrè. Da est a ovest Marcorè con il suo gruppo s’imbarca su una nave che lo porta in Argentina (“Mio nonno è andato in Argentina nel 1920, se ci fosse andata anche mia nonna forse sarei nato lì e avrei potuto giocare con Maradona”). Si risale verso nord facendo tappa a Cuba e poi negli Stati Uniti degli Eagles con Take It Easy e gli Stati Uniti sono ancora protagonisti con il massacro dei nativi americani raccontati dalla splendida ballad Fiume Sand Creek di De Andrè.
Ad accompagnarlo il polistrumentista Domenico Mariorenzi (tastiere, chitarra acustica, bouzouki), Fabrizio Guarino (chitarra elettrica), Simone Tallone (batteria e percussioni), Alessandro Patti (basso e contrabbasso elettrici). Una band di bravi musicisti che suonano come se fossero tra amici con divertimento e tecnica supportando Neri Marcorè nel suo compito di maestro di cerimonia dove è il cuore a dettare i tempi.
Con la chitarra acustica al collo, Marcorè sembra aver riscoperto un vecchio amore e il pubblico lo segue per i 90 minuti di concerto proposta da Concentrico.
Nel mezzo, del concerto irrompe improvvisa la disco-music anni 80 con la rivisitazione di Call Me di Giorgio Moroder grande hit della colonna sonora di American Gigolò. Tolti gli orpelli elettronici ci troviamo ad ascoltare una ballata quasi country che ci porta con il pensiero a Nashville. La chiusura è affidata ancora a il Liga e poi gran finale con Il ballo di San Vito di Vinicio Capossela.
Un concerto di emozioni, un viaggio (del resto quest’anno la rassegna Concentrico era incentrata sul tema del “viaggio” dall’Odissea a Celine con Viaggio al termine della notte) che è anche una scommessa vinta dai ragazzi di Concentrico che sono riusciti a dare nuovamente vita a Piazza Martiri a Carpi (“la terza più bella d’Italia – dice Marcorè – ma le altre due non le conosco”) che sembrava destinata, in tempi di Covid-19 ad essere un deserto popolato da monopattini e poco più.
Pierluigi Senatore

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