Finalmente i cancelli si sono aperti e lei e suo fratello sono riusciti a vedere la loro mamma, ospite di una casa residenza per anziani di Carpi. “E’ stato difficile averla a pochi metri da me e non poter allungare una mano per toccarla. Avrei tanto voluto abbracciarla, non la vedevo da quasi quattro mesi”. A parlare è una caregiver carpigiana costretta ad allontanarsi dalla madre quando questa si è ammalata di Covid-19. “Dopo l’ospedalizzazione, è stata trasferita in una struttura e io e mio fratello, ci siamo dovuti accontentare, come tutti del resto, di vederla una volta ogni tanto attraverso le videochiamate. Mia madre, affetta da demenza e da altre numerose patologie, ha 78 anni e prima del Coronavirus frequentava il centro diurno e viveva con me. Nonostante tutti i suoi problemi, era ancora in gamba, parlava. Interagiva. Ora le sue condizioni sono profondamente mutate. Mia madre – racconta la figlia – è pressoché irriconoscibile. Non fa altro che gridare, non cammina a causa di alcune piaghe ai talloni, è dimagrita e non mi riconosce. E’ terribile vederla così. Non voglio addossare responsabilità a chi se ne è presa cura sino a questo momento – si affretta a precisare – dico piuttosto che per i nostri genitori e nonni, l’arrivo della pandemia e la conseguente serrata delle strutture residenziali, ha comportato un vero e proprio shock. Erano soli, circondati da personale bardato. Irriconoscibile. Non oso pensare al dispiacere e alla paura che hanno provato. Vedere i proprio cari con un tablet o un telefono non è abbastanza per non sentirsi abbandonati. Stiamo parlando di persone fragili, spesso affette da forme di demenza: questa assenza prolungata dei familiari ha fatto perdere loro il contatto con la realtà. Ha accelerato la malattia in modo irreversibile”. Privati di numerosi stimoli e dei loro affetti più cari, molti anziani in questi mesi hanno perduto parte delle proprie abilità residue. Molti di loro non le recupereranno. “Sentire la propria madre chiamarti mamma fa male al cuore. Le sue condizioni fisiche e psicologiche sono ormai troppo compromesse, ha bisogno di un’assistenza che io non sono più in grado di darle. Se non li ha uccisi il coronavirus, sarà il dispiacere a farlo”.
Jessica Bianchi